Partito di Alternativa Comunista

Scuole aperte e bus strapieni in pandemia

Scuole aperte e bus strapieni in pandemia

Le follie di un sistema allo sbando

 

 

 

 

di Fabiana Stefanoni

 

 

 

Mentre va in scena l’ennesima crisi di governo, l’Italia pare attraversata da un’ondata di pazzia. La crisi sanitaria è ai livelli più preoccupanti dall’inizio della pandemia: i numeri dei nuovi morti giornalieri sono altissimi, le terapie intensive sono sature, ogni giorno si registrano decine di migliaia di nuovi contagiati, le vaccinazioni procedono a rilento. Eppure, in questo freddo gennaio 2021, la scuola torna alla “normalità”: non solo non si chiudono le scuole primarie e quelle dell’infanzia, ma si aprono anche gli istituti superiori, in condizioni peggiori di quelle in cui hanno chiuso a ottobre. Gli studenti delle scuole superiori di diverse regioni sono rientrati a scuola utilizzando autobus e mezzi pubblici strapieni, in “classi pollaio” scarsamente arieggiate a causa del freddo, con il tracciamento dei contagi totalmente in tilt. Non serve una mente arguta per capire che si tratta di una pericolosa follia. Non occorre la sfera di cristallo per prevedere che tutto questo porterà a un ulteriore drammatico peggioramento della pandemia.

 

La favola delle “scuole sicure”

Iniziamo con lo sfatare una leggenda. Non è vero che “le scuole sono luoghi sicuri” e che “l’unico problema sono i trasporti”. Gli istituti scolastici non erano “sicuri” nemmeno prima della pandemia, figuriamoci adesso. Da anni la scuola pubblica italiana è stata letteralmente massacrata da tagli miliardari, di cui l’aumento del numero di alunni per classe è stato uno dei principali effetti. Non è un caso se si parla di “classi pollaio”: le classi hanno ormai una media di 28 e 30 alunni (pare che le regioni messe peggio siano la Lombardia e l’Emilia Romagna) e gli edifici sono spesso fatiscenti, inadatti, anche in condizioni normali, a ospitare tutta la popolazione scolastica.
Giustamente, insegnanti e studenti da anni si lamentano di non riuscire a praticare una didattica dignitosa con un così alto numero di alunni stipati in aule minuscole. Veramente qualcuno pensa che sia possibile garantire una parvenza di distanziamento nelle scuole italiane? La verità è che gli studenti stanno per 5 o 6 ore in un ambiente ristretto, poco arieggiato (soprattutto ora che c’è molto freddo), senza nessuno che sia in grado di imporre loro l’obbligo di mascherina o un reale distanziamento. Il personale scolastico è scarso come sono scarse le risorse pubbliche destinate alla scuola: è tecnicamente impossibile per i pochi insegnanti e bidelli controllare tutti gli studenti durante i cambi d’ora o durante l’intervallo, spesso non è possibile farlo nemmeno durante le lezioni. Le scuole, come tutti i luoghi frequentati da migliaia di persone, sono luoghi pericolosi, soprattutto ora che non esiste alcun tracciamento: nella scuola primaria e dell’infanzia le maestre e i maestri spesso scoprono che un loro alunno ha avuto il Covid solo grazie a voci di corridoio…
Un’analisi dell’andamento del contagio priva di pregiudizi mostra in modo inequivocabile, come confermato anche da numerosi scienziati e ricercatori non prezzolati, che è stata proprio l’apertura delle scuole a determinare lo scorso autunno quel rapido innalzamento del ritmo dei contagi. Ovviamente, a tutto ciò hanno contribuito anche i trasporti. Lo avevamo detto già a settembre: la situazione disastrosa del trasporto locale in Italia, devastato da anni di privatizzazioni selvagge, è incompatibile con qualsiasi apertura delle scuole. I fatti lo hanno confermato: autobus affollati senza nessun controllo, impossibilità di arieggiare gli interni, nelle grandi città studenti e operai stipati e appiccicati nelle metropolitane. Oggi, a gennaio, è forse cambiato qualcosa? Assolutamente nulla: i mezzi pubblici che trasportano gli studenti si trovano nelle stesse identiche condizioni. In alcune regioni è stato rimesso in circolazione qualche vecchio rottame, senza però assumere nuovo personale nei trasporti: il che vuol dire che il numero delle corse è rimasto pressoché invariato.
Infine, bisogna ricordare che il personale della scuola ha un’età media molto alta: nelle scuole superiori più del 60% del personale è a rischio poiché ha più di 55 anni (e non è nemmeno dotato di mascherine ffp2 o ffp3). Altro che “luoghi sicuri”: nelle scuole ci si contagia e si muore!

 

La politica criminale del governo

La politica del governo Conte, anche in relazione alle scuole, è una politica criminale. Di essa sono corresponsabili le appendici “di sinistra” del governo – da Sinistra italiana di Fratoianni a Coraggiosa di Elly Schlein – così come, sempre a sinistra, ne sono complici tutti quei settori sindacali e politici che sostengono dall’esterno questo governo assassino (da ampi settori della burocrazia Cgil, Landini in testa, fino all’area che ruota attorno a Il Manifesto). Altrettanto criminali sono i governi regionali, di tutti i colori, che collaborano a questa follia criminale.
A noi è chiaro qual è il vero motivo per cui, con una strage di massa in corso, le scuole non sono mai state chiuse (nemmeno lo sono, oggi, nelle regioni rosse): sono un luogo di parcheggio dei figli degli operai e delle operaie, dei lavoratori e delle lavoratrici del commercio e di altri settori che ogni giorno devono andare a lavoro. Non sapendo dove lasciare i figli, hanno, ovviamente, bisogno che le scuole siano aperte: altrimenti come fanno a conciliare lavoro e accudimento della prole?
È proprio qui che emerge la barbarie del modo di produzione capitalistico. Per garantire i profitti dei ricchi miliardari, per garantire cioè la produzione e la compravendita delle merci e le connesse attività finanziarie, i governi non chiudono le fabbriche né, tantomeno, i luoghi dove le merci vengono vendute. La pandemia non accenna a migliorare perché il governo, venendo incontro ai desideri dei capitalisti, non applica serie misure di quarantena con sussidi reali per tutti. Vengono lasciate aperte tutte le fabbriche che producono merci per nulla essenziali, persino quelle che producono Ferrari, Lamborghini e merci di extralusso: gli operai vanno a lavorare e i loro figli, quindi, sono costretti ad andare a scuola. Per questo la scuola primaria e dell’infanzia non ha mai chiuso.
Ma è giusto rivendicare l’apertura delle scuole superiori, come fanno il comitato “Priorità alla scuola”, settori della burocrazia Cgil e alcune associazioni studentesche ad esse legate?

 

Chiudere di più, non di meno!

Nelle ultime settimane, non casualmente i mass media hanno dato ampio spazio alle proteste per la riapertura immediata delle scuole superiori, sostenute dalla ministra dell’Istruzione Azzolina (M5S). Da tempo il governo Conte è in crisi, e ora la crisi, come è evidente, sta esplodendo. La riapertura delle scuole a settembre è stata una delle operazioni più fallimentari del governo e la testa della ministra dell’Istruzione era una di quelle destinate a saltare in caso di necessità di rimpasto di governo. Ecco allora che la ministra ha avviato una battaglia per non perdere la poltrona, iniziando a decantare la straordinaria “sicurezza” degli istituti scolastici (che, è utile ricordarlo, in alcuni casi hanno ricevuto la bellezza di… 600 euro ciascuno per risistemare gli edifici per l’emergenza Covid), accusando prima la gestione dei trasporti da parte della ministra De Micheli (Pd), poi i governatori delle regioni (che nella maggioranza dei casi non sono del suo partito).
Supportata dal premier Conte, cavalcando il malessere reale di ampi strati delle masse popolari per la chiusura delle scuole superiori, ha lanciato una campagna per la riapertura degli istituti ad ogni costo. Ha fomentato le illusioni dei genitori su un possibile ritorno a scuola “in sicurezza” e, così facendo, è tornata in testa nei sondaggi. La sua popolarità, per ora, è salva: ci rimetteranno proprio quelle famiglie che hanno creduto alla favola assassina delle “scuole sicure” e che a breve si ritroveranno il virus in casa…
A questa politica governativa si sono accodati i sostenitori esterni del governo. In particolare, settori consistenti della burocrazia Cgil hanno chiamato alla mobilitazione a favore della “riapertura delle scuole superiori in sicurezza”, dimenticando di specificare che la riapertura in sicurezza, in questo momento drammatico, non sarebbe possibile nemmeno se avessimo il triplo degli edifici scolastici, il quadruplo dei trasporti e il doppio del personale scolastico.
La verità è che queste iniziative, promosse insieme con il comitato di genitori “Priorità alla scuola” e con la “sinistra” di governo (da Fratoianni a Elly Schlein), sono state iniziative a sostegno del governo e della ministra dell’Istruzione. Nulla di cui stupirsi: non è forse vero che Landini è uno dei principali sostenitori di Conte, spesso ospite alle iniziative nazionali della Cgil?
Una precisazione va fatta: molti genitori che partecipano alle iniziative di “Priorità alla scuola” lo fanno in buona fede. Come alcuni studenti e insegnanti, fanno un ragionamento tanto semplice quanto sbagliato e pericoloso: visto che restano aperte le fabbriche, i centri commerciali, i negozi allora bisogna aprire anche le scuole, poiché l’istruzione è più importante dei commerci. Il ragionamento corretto è un altro: visto che siamo in piena pandemia, andrebbero chiuse tutte le attività economiche e commerciali non strettamente necessarie alla sopravvivenza, garantendo a tutte e tutti reali sussidi e tutele; e andrebbero chiuse anche le scuole, così come tutti i luoghi dove si generano affollamenti, fino a debellare la pandemia. Ma è un ragionamento che nel capitalismo non è lecito fare, perché i profitti di pochi ricchi miliardari valgono più di milioni di vite umane.

 

Studenti e lavoratori della scuola non stanno a guardare!

Il malessere di chi frequenta la scuola è un malessere reale. Studenti e insegnanti in questi mesi di didattica a distanza sono stati spesso lasciati a sé stessi. In molte scuole gli studenti non hanno avuto nemmeno la possibilità di avere un tablet o un computer in prestito, in molte zone del Paese non esiste nemmeno un collegamento internet. Il Ministero dell’Istruzione non ha fatto nessun serio investimento per cercare di migliorare le condizioni degli studenti (e degli insegnanti) impegnati nelle lezioni a distanza. Nessuna risorsa è stata stanziata per dare un supporto quotidiano – logistico, tecnologico, psicologico – agli studenti impegnati nella didattica a distanza.
È per questo che studenti e insegnanti in tante città d’Italia stanno protestando. Mai come ora emerge chiaramente il ruolo nefasto di quelle direzioni politiche e sindacali della sinistra riformista che, ieri come oggi, svolgono il ruolo di agenti della borghesia nei movimenti proletari: orientare quel malessere nella direzione di una totale riapertura delle scuole in questo momento è qualche cosa di criminale, che costerà molto caro alle famiglie degli studenti e del personale scolastico.
Ma molti studenti e insegnanti hanno già scoperto l’inganno, tanti altri lo scopriranno a breve (pagando lo scotto sulla loro pelle). Capiranno, con la loro esperienza diretta, che andare in scuola in presenza in queste condizioni significa andare al macello. Capiranno, quindi, che chi li ha spronati a lottare per la riapertura li ha ingannati. Sono tante in tutta Italia le azioni di protesta degli studenti: occupazioni, scioperi, boicottaggi della didattica in presenza. Le rivendicazioni sono confuse, in alcuni casi anche sbagliate (come quelle degli studenti che si illudono che sia possibile aprire le scuole in sicurezza).
Alternativa comunista, nel sostenere la necessità urgente di una mobilitazione nelle scuole, al contempo mette in guardia gli studenti dal cadere nel gioco di chi cerca di strumentalizzare le lotte per sostenere le politiche della ministra dell’Istruzione e del governo capitalista. Pensiamo che l’esempio di come lottare lo abbiano dato gli operai a marzo, quando si sono rifiutati di andare a morire in fabbrica per i profitti dei padroni, coniando lo slogan “non siamo carne da macello”. Studenti e insegnanti dovrebbero fare lo stesso: rifiutarsi di andare a morire a scuola per i giochi di palazzo di ministri assassini e senza scrupoli, rivendicare una didattica a distanza diversa da quella odierna. L’unica strada per aprire le scuole in sicurezza è procedere rapidamente con la vaccinazione di massa, garantendo nel frattempo una reale e radicale quarantena con sussidi e tutele. Non ci sono altre strade percorribili compatibili con la salute e la sopravvivenza.

 

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