Dopo il 28 e 29 novembre la lotta deve proseguire

Nota del Dipartimento sindacale del Padc
Venerdì 28 novembre decine di migliaia di lavoratori hanno animato i cortei delle principali città italiane in occasione dello sciopero generale nazionale proclamato dalle organizzazioni del sindacalismo di base. Uno sciopero che giunge tardivamente considerando la storica ondata di mobilitazioni che ha scandito i mesi di settembre e ottobre: dopo il 3 e 4 ottobre era necessario proclamare subito un sciopero generale a oltranza fino alla cacciata del governo.
Nonostante il grave ritardo, la data del 28 novembre ha visto un’ampia partecipazione di piazza che ha saputo coniugare la lotta contro una finanziaria di guerra e antioperaia con il movimento per la Palestina, oggi punta più avanzata della lotta di classe internazionale: ne è stata la riprova la manifestazione del 29 novembre, che ha invaso le strade di Roma e Milano con cortei molto partecipati.
Le grandi mobilitazioni di questo autunno italiano sono state un modello per il movimento operaio internazionale, collocando l’Italia tra i primi Paesi europei per la solidarietà alla Palestina. Queste grandi mobilitazioni ci hanno dato un insegnamento indelebile: le lotte unitarie dei lavoratori unite al movimento palestinese hanno espresso una forza e una potenzialità inarrestabili, infrangendo le leggi antisciopero e mettendo in difficoltà gli stessi apparati repressivi del governo Meloni, costringendo persino la direzione complice della Cgil a convergere sullo sciopero dei sindacati di base (anch’essi soliti a frammentarsi tra loro con scioperi in date ravvicinate e diverse).
Per questo crediamo sia stata molto grave la decisione della direzione della Cgil di non convergere sullo sciopero del 28 novembre, proclamando uno sciopero generale contrapposto il 12 dicembre, con l’intenzione di rompere l’unità di lotta, tra l’altro con una piattaforma arretrata ed esclusivamente economica: una manovra funzionale alla falsa opposizione parlamentare del cosiddetto «campo largo» composto dal Pd con la sua coda Avs e dal M5s, eliminando— e questa è sicuramente la cosa più grave — ogni riferimento alla Resistenza Palestinese.
I sindacati che hanno proclamato sciopero il 28 novembre e che erano in piazza il 29 novembre ora devono evitare settarismo e autoreferenzialità: come ci hanno insegnato le storiche giornate del 3 e 4 ottobre, l’unità della classe è la principale arma per sconfiggere padroni e governo. Chi ha scioperato il 28 novembre ed è sceso in piazza il 29, ora deve partecipare in massa allo sciopero generale del 12 dicembre portando le proprie parole d’ordine tra i lavoratori, ricordando che: 1) il capitalismo imperialista che opprime i popoli è lo stesso che sfrutta i lavoratori; 2) il riarmo dei governi imperialisti andrà a detrimento dello Stato sociale e sacrificherà sanità, istruzione e trasporti pubblici; 3) il piano Trump, sostenuto, più o meno direttamente, dagli imperialismi europei e di Cina e Russia è una farsa colossale, utile solo a coprire i crimini dei sionisti che non hanno mai smesso di massacrare civili palestinesi, in gran parte bambini; 4) l’eroico popolo palestinese resiste da 80 anni e dal glorioso atto di legittima resistenza del 7 ottobre ha inflitto gravi perdite all’Idf; 5) la finanziaria antioperaia e imperialista del governo Meloni, che impoverirà ulteriormente lavoratori e pensionati rubando il futuro agli studenti, non si arresterà proponendo micro correzioni di qualche punto percentuale o vendendo l’illusione di fantomatici regimi fiscali progressivi; 6) gli stessi dirigenti opportunisti della Cgil che chiamano allo sciopero per conto dei partiti di falsa opposizione (che quando erano al governo hanno egualmente massacrato i lavoratori con leggi e finanziarie antioperaie) hanno firmato e stanno firmando rinnovi dei Ccnl che mantengono la povertà salariale confermando l’Ipca, non riducono l’orario di lavoro a parità di salario e confermano precarietà e appalti di manodopera.
Serve una mobilitazione permanente fino alla cacciata del governo Meloni: gli operai e le operaie di Genova, in mobilitazione e sciopero in questi giorni, ci dimostrano con il loro esempio che una mobilitazione a oltranza è possibile. L’obiettivo finale è la costruzione di un altro sistema, il socialismo, l’unico sistema in grado di liberare l’umanità dalle catene del profitto e dagli interessi di una minoranza famelica e predatoria di ultra miliardari.























