Parigi operaia armata
Le lezioni di una pagina gloriosa del movimento operaio
Francesco Ricci
Lenin e Trotsky non avevano dubbi e lo ripetevano in ogni occasione utile: la vittoria dell'Ottobre 1917 fu possibile anche grazie allo studio accurato che i bolscevichi fecero della Comune del 1871 (1). Peraltro il socialismo francese, e la sua storia di rivoluzioni (dal 1789 al 1793, dagli anni Trenta dell'Ottocento al giugno del 1848), era una delle tre fonti della stessa elaborazione di Marx ed Engels (insieme all'economia inglese e alla filosofia tedesca, cioè a Ricardo, Hegel, Feuerbach).
Così è importante oggi studiare la Comune, le sue conquiste, i suoi errori. Non è un esercizio retorico riferito al calendario delle commemorazioni, non è uno studio accademico: è uno studio indispensabile per costruire future rivoluzioni vittoriose.
La notte dei cannoni
Nella notte tra il 17 e il 18 marzo 1871, dopo essere stati respinti a Belleville, i soldati del governo repubblicano di Thiers cercano di riprendersi i 271 cannoni e le 146 mitragliatrici che la Guardia Nazionale ha installato sulla collina di Montmartre che domina Parigi. Ma il proletariato, con alla testa i comitati delle donne (tra cui quello della maestra Louise Michel), sbarra la via e invita i soldati a disobbedire agli ordini, a rivoltarsi contro i generali. E' l'inizio dell'insurrezione che, sotto la direzione del Comitato Centrale della Guardia Nazionale, occupa tutti i punti nevralgici della città e si impadronisce dell'Hotel de Ville, sede del governo. Il governo borghese fugge dalla capitale e si rifugia nella vicina Versailles.
La prima struttura di tipo "sovietico" della storia
La Guardia Nazionale era una vecchia istituzione della rivoluzione del 1789-1794. Ma se durante la prima rivoluzione francese era stata essenzialmente uno strumento della borghesia; se nella rivoluzione del 1848 era uno degli strumenti della controrivoluzione borghese contro la prima insurrezione operaia (giugno); nel 1871 fu un'altra cosa. Ricostituita su basi nuove nel 1870, dopo che la sconfitta di Napoleone III nella guerra contro i prussiani di Bismarck aveva aperto le porte a una nuova Repubblica (diretta da un governo borghese), era ora una milizia di operai. Trecentomila operai armati a Parigi costituivano, come scriveva in quei giorni Marx, il principale ostacolo che la borghesia si trovava di fronte. Un ostacolo al tentativo del governo di far pagare la crisi economica (e i debiti di guerra) ai lavoratori. Per questo Thiers aveva tentato prima di disgregarla, riducendo e quindi abolendo il "soldo" (la paga), poi di disarmarla.
Questa nuova Guardia Nazionale, composta da operai dell'industria e artigiani, si era dotata di una propria struttura, di propri organismi (2). Gli operai costituivano ora una classe relativamente sviluppata e con un alto grado di concentrazione a Parigi: ai cantieri navali lavoravano 70 mila operai, altre grandi concentrazioni erano alla Govin, produzione di locomotive, alla fabbrica di armi del Louvre, ecc. E la Guardia Nazionale aveva ora una conformazione che anticipava in qualche modo i consigli degli operai e dei soldati (i soviet) che nasceranno in Russia nella prima rivoluzione del 1905 e poi di nuovo dal febbraio 1917.
Due mesi di governo operaio
L'insurrezione e la presa del palazzo del governo e di Parigi, la spaccatura dell'esercito e il suo scioglimento in quanto struttura del dominio capitalistico, cioè la rottura rivoluzionaria dello Stato borghese, costituiscono gli atti di nascita del primo governo operaio della storia. Un governo che durerà solo due mesi.
Due mesi che rivolteranno dalle fondamenta la società. Si contano in circa un centinaio i fogli quotidiani dei comunardi. Infinite le assemblee quotidiane per organizzare il nuovo potere: non bastando le sale, si cacciavano dalle chiese i preti e i loro crocifissi, trasformando ogni luogo in strumento per l'amministrazione del potere operaio.
Pochi giorni dopo la presa del potere, dopo la fuga a Versailles dei parlamentari borghesi (eletti dalla nuova Repubblica), il CC della Guardia Nazionale convocava nuove elezioni per eleggere non più un parlamento ma appunto una Comune (di una novantina di membri), che riassumeva in sé il potere esecutivo, legislativo e giudiziario.
Il governo operaio avvierà da subito una serie di misure: requisizione delle fabbriche e loro riorganizzazione sotto controllo operaio, requisizione delle case sfitte e loro riassegnazione ai lavoratori, assistenza medica gratuita (e diritto per le donne all'aborto), riforma integrale della scuola (non più strumento della borghesia), esproprio dei beni della Chiesa...
Solo una parte di queste misure furono effettivamente realizzate. Mancò il tempo, mancò una direzione univoca e coerente del governo, soprattutto fu da subito necessario difendere il nuovo potere dall'assalto delle borghesie francese e prussiana che, nemiche nella guerra che si era appena conclusa, ritrovarono una piena unità di intenti quando fu l'ora di schiacciare la rivoluzione operaia, accerchiando in armi Parigi e invadendola per scatenare un massacro senza precedenti (si contano in oltre centomila le vittime di fucilazioni sommarie, processi, persecuzioni volute dalla borghesia). Il 28 maggio del 1871 le truppe del governo Thiers (ricostituite con l'aiuto di Bismarck) rovesciavano l'ultima barricata e riguadagnavano Parigi.
Errori, limiti e contraddizioni della Comune
Pur definendola da subito come il più grande successo del movimento operaio, e lavorando incessantemente per sostenerne lo sviluppo nella lotta a morte contro la borghesia, Marx ed Engels non rinunciarono mai a indicare errori e limiti della Comune, nel tentativo (durante quei due mesi) di apportare decisive correzioni; e con l'intento (dopo la caduta della Comune) di propagarne gli insegnamenti, inclusi quelli negativi, per fare tesoro di quella sconfitta e avanzare verso nuove e più durature vittorie.
In decine di lettere scritte in quei giorni e in ogni testo successivo i due principali dirigenti comunisti del movimento rivoluzionario indicheranno in particolare alcuni punti che avevano contribuito al fallimento di quel grandioso esperimento. Dovendo qui, per ragioni di spazio, indicare sommariamente le lezioni negative che Marx enucleò dalla Comune, potremmo riassumere il tutto in due punti.
Primo: le misure economiche effettivamente attuate dalla Comune (e in questo pesò specialmente la componente proudhoniana, cioè anarchica e riformista) furono insufficienti. In particolare, pur teorizzando e parzialmente praticando l'esproprio della proprietà borghese dei mezzi di produzione, la Comune si arrestò davanti alla Banca nazionale, chiedendo ad essa... un prestito, anziché impossessarsene.
Secondo: le misure politico-militari furono insufficienti, tardive e confuse. Invece di attaccare il governo scappato a Versailles, prima che avesse tempo di riorganizzarsi e accerchiare Parigi, si attese, tardando poi anche nell'organizzare la difesa armata della capitale, affidandosi in diversi casi a ufficiali incapaci ed eccedendo nella magnanimità contro gli avversari che si preparavano in armi (il "terrore rosso" contro i nemici della rivoluzione fu, come ricorda Engels, più annunciato che praticato, o praticato con "eccessiva bonarietà"). Invece di dare la priorità all'estensione della rivoluzione nelle altre grandi città francesi, unica via per rompere nei fatti l'accerchiamento politico, la Comune si rinchiuse al suo interno, e il CC della Guardia Nazionale "perse tempo" (l'espressione è di Marx, ripresa da Trotsky) volendo cedere il potere che aveva conquistato a una struttura eletta, così convocò le elezioni per la Comune (formalmente a "suffragio universale" ma a cui parteciparono, nei fatti, solo i lavoratori, visto che i borghesi erano in gran parte scappati o costretti al silenzio).
Un "punto di partenza di importanza storica"
Pur con le contraddizioni, con i suoi limiti ed errori, nelle sue intenzioni soggettive, nella linea di tendenza che esprimeva, ricorda Marx, la Comune fu il primo governo operaio della storia, il primo governo dei lavoratori a governare in favore dei lavoratori. Per questo Marx scriveva, qualche settimana prima della sconfitta, in una lettera a Kugelmann: “Qualunque sia l’esito immediato, un punto di partenza di importanza storica universale è conquistato.” (3)
A cosa si riferiva Marx? In particolare al fatto che la Comune aveva insegnato per sempre, praticamente (e ciò valeva più di mille programmi e testi), che i lavoratori non possono semplicemente "conquistare" lo Stato della borghesia e "convertirlo" ai loro interessi. Quello Stato, le sue istituzioni, il suo parlamento (anche il più democratico), i suoi corpi armati, vanno "spezzati"; non serve un'impossibile opera di pacifica riforma ma è necessaria la rottura rivoluzionaria, cioè l'insurrezione e la guerra civile (la cui durata e il cui grado di intensità e di violenza dipendono non da una scelta dei rivoluzionari ma dal grado di resistenza che le classi dominanti sono in grado di frapporre per difendere la loro proprietà dei mezzi di produzione e di scambio). Allo Stato della borghesia, rovesciato dalla rivoluzione, bisogna sostituire uno Stato diverso, basato sugli organismi di lotta dei lavoratori, uno Stato operaio. Alla dittatura della borghesia (dittatura di un'infima minoranza sulla grande maggioranza) bisogna sostituire una dittatura del proletariato (che nella società costituisce la grande maggioranza). In altre parole, una diversa economia, centralizzata e pianificata in base alle esigenze della maggioranza, non può basarsi sulla falsa e formale democrazia borghese e sui suoi istituti: necessita di un altro Stato, di un'altra democrazia. Gli operai della Comune, con il loro eroico (e purtroppo fallito) tentativo avevano insomma, conclude Marx, indicato nella pratica, per la prima volta nella storia, "la forma finalmente trovata" del dominio proletario. Avevano per la prima volta costruito un governo operaio perché per la prima volta avevano rotto completamente con il governo della borghesia, rifiutando la politica di collaborazione di classe che fino ad allora (ad es. nella Francia del febbraio 1848, con l'ingresso di Louis Blanc nel governo borghese) aveva condotto i rappresentanti operai a occupare posti nei governi della borghesia e a subordinare così gli interessi dei lavoratori a quelli borghesi, sacrificando le lotte di classe a presunti (e inesistenti) "interessi comuni" delle classi.
Si trattava davvero di una conquista "teorica" (imposta nella pratica) di importanza fondamentale. Non è un caso che, ogni volta che il movimento operaio (guidato da direzioni traditrici) ha smarrito questa "conquista", e ha rinunciato all'indipendenza di classe nei confronti della borghesia e dei suoi governi, è finito in un vicolo cieco. Non è un caso che il baricentro di ogni politica riformista ‑ cioè contro-rivoluzionaria ‑ è sempre consistito nel condurre i lavoratori a credere nella collaborazione di governo con l'avversario. Tutta la politica di tradimenti operata dalla socialdemocrazia di inizi Novecento e poi sfociata nel sostegno ai governi borghesi impegnati nel macello della prima guerra mondiale; tutta la politica dei cosiddetti "fronti popolari" guidata dallo stalinismo dagli anni Trenta, che prevedeva il sostegno o la partecipazione diretta in governi borghesi; tutta la politica della socialdemocrazia nei decenni seguenti, fino alla versione (caricaturale) rappresentata dal riformismo governista odierno (in Italia, con le disastrose esperienze di governo di Rifondazione nel primo e secondo governo Prodi, nonché in decine di governi regionali e locali; esperienza che i dirigenti riformisti vorrebbero riproporre per un futuro post-Berlusconi); tutte le sconfitte a cui il riformismo ha guidato il movimento operaio riposano sulla cancellazione della "forma finalmente scoperta" dagli operai parigini. E' per questo che non solo la borghesia ma anche il riformismo di ogni epoca (ma pure gli anarchici si sono dati da fare in questo senso) hanno fatto di tutto per cancellare o perlomeno falsificare quella pagina di storia. E' per questo che quella pagina di storia appartiene pienamente solo ai rivoluzionari.
Senza partito comunista nessuna rivoluzione può vincere e svilupparsi
Ma la nostra ricostruzione della Comune e dei suoi insegnamenti, pur necessariamente schematica, sarebbe del tutto incompleta se non dicessimo qualcosa della principale causa (a giudizio di Marx, di Lenin, di Trotsky) della sua sconfitta. Tutti i grandi dirigenti rivoluzionari che studiarono la Comune concordano nel dire che essa fallì per assenza di una direzione, di un partito, coerentemente marxista. Nessuna rivoluzione della storia è mai avvenuta "spontaneamente" (la "generazione spontanea" non esiste né in natura né in politica) sempre ci sono state delle direzioni: le qualità di queste direzioni determinano le possibilità di vittoria della rivoluzione.
In effetti, pur essendo presenti nella Comune tutte le correnti della sinistra dell'epoca (neogiacobini, proudhoniani, anarchici bakuniani, blanquisti) e pur essendo una maggioranza dei dirigenti affiliata all'Associazione Internazionale dei Lavoratori (cioè alla Prima Internazionale), solo una manciata di essi era vicina alle posizioni della maggioranza dell'Internazionale, cioè alle posizioni di Marx ed Engels (gli stessi principali testi di Marx, a partire dal primo libro del Capitale, uscito nel 1867, erano sostanzialmente sconosciuti in Francia persino dai dirigenti comunardi).
Non mancavano insomma organizzazioni legate alle varie correnti del movimento operaio. C'era persino un embrione di partito (il Comitato Centrale dei Venti Arrondissements, organizzazione di militanti, d'avanguardia, basata su un programma di opposizione di classe alla borghesia, nato nel settembre 1870), ma i pochi marxisti, presenti in diverse organizzazioni e talvolta (raramente) titolari di incarichi dirigenti della Comune, non disponevano ancora di un loro partito (4). Questo spiega la ragione di oscillazioni, indecisioni, ritardi, e giganteschi errori nella conduzione della Comune. E spiega anche perché Marx, poche settimane prima dell'insurrezione parigina, auspicasse che i tempi dello scontro di classe (precipitato dall'attacco borghese per disarmare la Guardia Nazionale) lasciassero agli operai rivoluzionari il tempo di costruire quel partito che mancava (5).
Fu proprio il fallimento della Comune l'elemento principale che portò alla crisi e quindi alla decisione di sciogliere la Prima Internazionale (basata su una "ingenua unità di riformisti e rivoluzionari", secondo l'espressione di Engels) per dare vita a una internazionale e a partirti "interamente marxisti" (6).
Come concludeva Trotsky, fu appunto la presenza in Russia di un partito "interamente marxista" (il partito bolscevico) a consentire che la Comune di Pietrogrado del 1917 non venisse schiacciata come quella di Parigi e desse luogo, in forma non effimera (anche se purtroppo rovesciata grazie alla successiva opera dello stalinismo), a una effettiva dittatura del proletariato (7).
Questo resta il principale insegnamento che ci lasciano in eredità gli operai che centoquaranta anni fa diedero vita al primo governo operaio della storia: anche le rivoluzioni che oggi stanno sconvolgendo il Nord Africa e il Medio Oriente, anche le rivoluzioni che domani potranno infiammare l'Europa e i Paesi occidentali, riusciranno a imporsi e svilupparsi in direzione del socialismo solo se, nel vivo di quei processi, sapremo costruire quei partiti coerentemente marxisti (cioè, oggi, trotskisti) e quell'internazionale coerentemente comunista (cioè, oggi, la Quarta Internazionale) che sono strumenti indispensabili per rovesciare il dominio capitalistico e vincere.
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Note
(1) Un'ampia parte di Stato e rivoluzione, il libro che Lenin scrisse alla vigilia della rivoluzione d'Ottobre, nonché tutti i principali testi (ad es. le "Tesi di Aprile") con cui il dirigente bolscevico "riarmò" programmaticamente il partito per guidarlo alla vittoria sono impregnati di riferimenti alla Comune del 1871.
(2) Alla fine di febbraio 1871, un’assemblea di duemila delegati di battaglioni della Guardia Nazionale approva la costituzione in Federazione repubblicana. Al primo punto del programma vi è l’abolizione dell’esercito permanente e la sua sostituzione con una milizia dei lavoratori. E’ la proclamazione della rottura con lo Stato borghese e la volontà di sciogliere le sue “bande armate” imponendosi come unica forza armata.
(3) Lettera di Marx a Kugelmann, 17 aprile 1871, in K. Marx, Lettere a Kugelmann, Editori Riuniti, 1976, p. 166.
(4) C’era a Parigi un diretto rappresentante dell’Ail, inviato da Marx, Serraillier. Oltre a lui, Marx poteva contare a Parigi soltanto su un altro dirigente: l’operaio di origine ungherese Leo Frankel e su qualche altro marxista isolato, ad esempio la ventenne Elisabeth Dmitrieff, militante di origine russa, incoraggiata da Marx ad andare a Parigi nel marzo 1871, e che diverrà dirigente della Union des femmes (Unione delle donne). Sappiamo poi che Marx era in corrispondenza anche con Eugene Varlin (la più interessante figura della Comune) e che scrisse diverse lettere a Varlin, Serraillier e Frankel (la gran parte sono andate perse).
(5) “Utilizzino con calma e risolutamente tutte le possibilità offerta dalla libertà repubblicana, per lavorare alla loro organizzazione di classe. Ciò darà loro nuove forze erculee (...) per il nostro compito comune, l’emancipazione del lavoro.” Così scrive Marx nel secondo "Indirizzo per il Consiglio Generale dell'Internazionale" (9 settembre 1870), in La guerra civile in Francia, Ed. Newton Compton, 1978, p. 83.
(6) Engels: "Io credo che la prossima Internazionale ‑ dopo che i libri di Marx avranno esercitato la loro influenza per alcuni anni ‑ sarà puramente comunista e propagherà direttamente i nostri principi.” (lettera ad A. Sorge, 12 settembre 187, in Marx ed Engels, Lettere 1874-1879, ed. Lotta Comunista, 2006, pag. 35).
(7) In diversi testi degli anni Trenta (v. nota bibliografica in queste pagine) Trotsky aggiorna l'analisi classica di Marx e Lenin sulla Comune e rimarca come essa non fu una effettiva dittatura del proletariato ma solo un embrione di essa: appunto perché, pur essendo presente un embrione di soviet (il Comitato Centrale della Guardia Nazionale) mancava in esso un partito marxista d'avanguardia che, scontrandosi con le correnti riformiste (come fecero i bolscevichi nel 1917 contro menscevichi e Sr), e distruggendole politicamente, guadagnasse gli organismi di lotta dei lavoratori a un coerente programma comunista per la dittatura del proletariato.
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Letture per conoscere la Comune del 1871
Chi è interessato ad approfondire la conoscenza della Comune del 1871 può utilizzare questo percorso di letture (purtroppo, a parte i testi dei classici del marxismo, la storiografia più recente e più interessante su questo tema è quasi interamente in lingua francese).
1) Karl Marx, La guerra civile in Francia (si trova in decine di edizioni, qualcuna anche recente), contiene i più importanti testi scritti da Marx per la Prima Internazionale sulla guerra franco-prussiana e sulla Comune di Parigi.
2) V.I. Lenin, Stato e rivoluzione (disponibile in varie edizioni). E' il testo fondamentale di Lenin sui marxisti e lo Stato. Un intero capitolo è dedicato alla Comune del 1871.
3) V.I. Lenin, La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky (anche questo si trova negli Editori Riuniti e in varie altre edizioni). E' la polemica contro Kautsky e la sua concezione di una astrazione di Stato posto al di sopra delle classi. Anche qui è centrale il tema della Comune.
4) Lev Trotsky, Le lezioni della Comune (1921), prefazione al libro di C. Talès, La Commune de Paris (ed. Spartacus, 1998).
5) Lev Trotsky, Terrorismo e comunismo. E' un testo fondamentale di Trotsky, scritto nel 1919, costituisce un secondo "anti-Kautsky", meno noto di quello leniniano ma per certi versi ancora più efficace nel difendere la dittatura del proletariato dagli attacchi revisionisti del riformismo. In italiano non ne esiste finora una traduzione corretta né una edizione decente.
6) Jean Bruhat, Jean Dautry, Emile Tersen, La Comune del 1871 (Ed. Riuniti, 1971). E' sicuramente la miglior storia della Comune, la più affidabile (al di là di giudizi non sempre condivisibili).
7) Bernard Noel, Dictionnaire de la Commune (Mémoire du livre, 2000) è un dizionario (inedito in italiano) utilissimo per non smarrirsi tra eventi, protagonisti, nomi della Comune.
8) Charles Rihs, La Commune de Paris, sa structure et ses doctrines (Ed. du Seuil, 1973) (anche questo importante studio non è stato tradotto in italiano): è il miglior testo critico sulla Comune. Contiene uno studio approfondito delle varie correnti del movimento operaio che animarono la Comune, dei loro scontri.
9) Jean Dautry, Lucien Scheler, Le Comité Central Républicain des vingt arrondissements de Paris (Editions Sociales, 1960). E' un testo fondamentale essendo di fatto l'unico a studiare approfonditamente quell'embrione di partito operaio che nacque alla vigilia della Comune e i cui dirigenti ebbero, individualmente, un ruolo centrale.
10) Michel Cordillot, Eugene Varlin (Ed. Ouvrières, 1991) la più recente (e ben documentata) biografia del più avanzato dirigente operaio della Comune (il suo avvicinamento al marxismo fu interrotto dalle pallottole della repressione).
11) Infine, un'analisi delle posizioni di Marx, Engels, Lenin e Trotsky sulla Comune (rilette alla luce delle informazioni sulla Comune fornite dalla storiografia del Novecento) si trova in: F. Ricci, "La Comune di Parigi (1871): premessa della Comune di Pietrogrado (1917)", pubblicato in spagnolo su Marxismo Vivo (rivista teorica della Lit-Quarta Internazionale), n. 16, 2007 e pubblicato in opuscolo in italiano dal Pdac (può essere richiesto alla redazione).