Partito di Alternativa Comunista

Una storia che si intreccia con il movimento operaio

Una storia che si intreccia con il movimento operaio

 

 

di Daniel Sugasti

 

La celebrazione del 40° anniversario della fondazione dell'attuale Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale (Lit-Qi) offre l'occasione per rivendicare elementi fondamentali della nostra corrente politica, che sono quasi il doppio più antichi di noi. Il nostro presente può essere spiegato solo da un passato, dalla realizzazione dell’integrazione teoria-programma-prassi che ha plasmato la vita di partito di diverse generazioni. Uno dei pilastri fondanti che continua a sostenere la Lit-Qi è la sua comprensione del proletariato industriale - e, soprattutto, dell’intervento al suo interno - concepito come soggetto sociale della rivoluzione socialista.
Abbiamo spesso fatto riferimento all'offensiva ideologica che l'imperialismo ha messo in atto contro il marxismo - che annunciava la presunta vittoria finale del capitalismo sul socialismo - dopo la restaurazione dell'economia di mercato negli ex Stati operai dell'Europa orientale, in Cina e a Cuba.
Il ritornello della sconfitta e della fine del socialismo ha causato un disastro. Innumerevoli organizzazioni che si dichiaravano di sinistra in tutto il mondo, tra le quali c’erano migliaia di militanti rivoluzionari, sono degenerate dal punto di vista programmatico, politico e persino morale. Il processo di capitolazione teorico-politica ha spazzato via anche i partiti che si dichiaravano trotskisti.
Tutto è stato rimesso in discussione: la lotta di classe; la possibilità di sconfiggere l'imperialismo; la necessità - e la possibilità - di prendere il potere e distruggere lo Stato borghese per via insurrezionale; la validità della costruzione di partiti nazionali e di un Partito mondiale secondo gli insegnamenti dei primi quattro congressi della Terza Internazionale; e altri aspetti centrali del programma marxista.
È stato rinnegato il ruolo che il marxismo attribuisce al proletariato industriale come soggetto sociale della rivoluzione socialista. Negli ultimi 30 anni, molte Ong e intellettuali che si professavano progressisti, e persino marxisti, si sono impegnati a dimostrare la presunta sterilità politica o la «scomparsa fisica» del proletariato industriale, cercando al contempo di indicare la centralità di «nuovi soggetti» negli attuali processi politici: la «cittadinanza globale», gli «indignados», il «precariato», «la gente» o una miscellanea di movimenti identitari.
Sappiamo che nessuna definizione politica è disinteressata. Tutta questa terminologia è al servizio di una concreta operazione teorico-ideologica: negare la lotta di classe come motore della storia.
In sostanza, vengono a raccontarci che la contraddizione principale nella società capitalista non sarebbe più la lotta tra borghesia e proletariato, ma quella tra «la casta» e «il popolo»; tra i «mercati» e i «cittadini», e così via.
Il ricorso alla teoria marxista è indispensabile in tempi di confusione ideologica. In questo senso, è imperativo tornare a studiare il pensiero dei maestri del marxismo, alla luce dell'esperienza di quasi due secoli di lotte operaie.
Celebrare i quattro decenni della Lit-Quarta Internazionale significa celebrare il suo programma e la sua prassi, la tradizione di una corrente. Per questo è necessario parlare delle idee e della traiettoria di Nahuel Moreno, che consideriamo il leader trotskista più lucido e coerente del secondo dopoguerra. Implica soffermarsi sulla concezione di quella che oggi è la Lit-Qi, sul ruolo della classe operaia nella rivoluzione socialista e sul rapporto tra il partito rivoluzionario e il proletariato.

 

I primi anni: il Gom e Villa Pobladora

Nei primi anni Quaranta, il trotskismo argentino non era altro che una manciata di piccoli gruppi sparsi, senza alcun legame concreto con il movimento operaio.
La loro attività politica si limitava a interminabili riunioni, che ruotavano intorno a discussioni astratte sui temi più disparati.
Il punto d'incontro di questo trotskismo piccolo-borghese, molto bohémien e contemplativo, erano i tradizionali caffè di Buenos Aires. Nahuel Moreno avrebbe in seguito caratterizzato questa atmosfera sterile affermando: «tra il '40 e il '43 il trotskismo era un party».
Nel 1943, Moreno e altri giovani ruppero con questi metodi e salotti e fondarono il Gruppo Operaio Marxista (Gom). Il nucleo fondatore è nato nel quartiere di Villa Crespo a Buenos Aires.
Nello stesso anno, Nahuel Moreno aveva scritto un documento intitolato «Il Partito», che sarebbe stato il precursore della nuova organizzazione e in cui veniva presa una decisione che si sarebbe rivelata determinante per la corrente: i membri del Gom avrebbero abbandonato «il party» dei circoli intellettuali caratteristici del «trotskismo da caffè» per legarsi strettamente alla classe operaia.
In quel testo si legge: «Ma ciò che è urgente, ciò che è immediato, oggi come ieri, è: avvicinarsi all'avanguardia proletaria e respingere come opportunista ogni tentativo di deviare da questa linea. Anche se sembra un compito impossibile».
Con questo orientamento, i membri del Gom cercarono di entrare in contatto con la classe operaia, di entrare in sintonia con le sue lotte e persino con il suo stile di vita. Erano tempi in cui il movimento operaio era in crescita e molto dinamico.
Ancora nel 1943 il gruppo partecipò alla manifestazione principale del Primo Maggio. Non più di cinque militanti trotskisti hanno marciato al grido di «Quarta... Quarta!» I giovani del Partito Socialista finirono per aggredirli a pugni. Moreno ricorderà quell'episodio con simpatia, commentando un aneddoto del compagno Faraldo, che raccontava come un operaio, vedendo passare quella colonna al grido di «Quarta... Quarta!», avesse esclamato: «È vero... sono in quattro».
Tra il 1943 e il 1944, il Gom girava per le fabbriche, partecipava ai conflitti sindacali, visitava le case degli operai, realizzava manifesti da affiggere, dipingeva i muri con slogan politici, pubblicava opuscoli con testi classici - «Quaderni marxisti», «Edizioni Ottobre» – oltre che elaborare gli interessanti «Bollettini di discussione del Gom».
Ma fu nell'aprile del 1945, quando scoppiò lo sciopero dell’industria di macellazione Anglo-Ciabasa, che si presentò la prima opportunità di una svolta importante. I giovani trotskisti si misero d’impegno per intervenire nella lotta in quella che era una delle fabbriche più importanti del Paese, con circa 12.000 operai.
La determinazione del gruppo in quella partecipazione permise di conquistare quasi tutto il Comitato di fabbrica. Moreno raccontava che, a seguito di quello sciopero, «abbiamo creato una sorta di comune ad Avellaneda: abbiamo deviato il traffico ed era impossibile circolare senza tessera sindacale».
I militanti del Gom si trasferirono a Villa Pobladora, il principale centro industriale dell'Argentina in quegli anni, uno dei più grandi dell'America Latina. Oltre al loro coinvolgimento nello sciopero e nei sindacati della carne, sono andati a dirigere metà del comitato esecutivo del Siam, all'epoca il più grande sindacato metalmeccanico del Paese. Hanno anche guidato la fondazione di alcuni importanti sindacati, come la Federazione della carne e l'Associazione Operaia Tessili. Gestivano anche fabbriche di tubi di cemento, concerie, ecc.
Sempre con l'obiettivo di inserirsi nella realtà operaia, il Gom progredì nel suo inserimento nel quartiere, al punto che Nahuel Moreno arrivò a divenire presidente del circolo di quartiere «Cuori Uniti», dove si organizzava di tutto, da feste da ballo fino a corsi e dibattiti sulle rivoluzioni francese e russa.
A partire da questo lavoro, il piccolo gruppo di quattro o cinque compagni passò a contarne un centinaio. A Villa Pobladora, organizzando corsi per i lavoratori, entrando in contatto con le famiglie degli operai e inviando i loro membri nei sindacati, costruirono un isolato «bastione trotskista», eretto in mezzo alla marea peronista che aveva sommerso il Paese dal 1945.
L'importanza della svolta per la classe operaia è enorme nella nostra storia. In un ambiente in cui i duelli retorici nei caffè di Buenos Aires erano la norma, lasciare tutto per andare a lavorare e arruolarsi nelle industrie di macellazione e nei quartieri popolari non era né facile né comune. I pochi membri del Gom, molti dei quali sotto i vent'anni, avrebbero potuto prendere un'altra strada, come entrare o rimanere all'università. Ma hanno scelto un'altra strada, più difficile.
Hanno capito la cosa più importante: hanno capito che senza legami con la classe operaia non c'è trotskismo, perché il programma del trotskismo è il programma della classe operaia in azione. Moreno ha sempre insistito sul fatto che la mobilitazione permanente della classe operaia, democraticamente auto-organizzata, è la ragion d'essere di un autentico trotskismo.

 

Le differenze rispetto alle direzioni pablista e mandelista

In questo senso, la battaglia della nostra corrente perché la Quarta Internazionale fosse legata alla classe operaia è stata una costante del cosiddetto movimento trotskista.
Questa si realizzava con una polemica permanente con le direzioni di Michel Pablo ed Ernest Mandel. Il carattere piccolo-borghese di questo settore imprimeva pregiudizi impressionistici ed eclettici alle loro analisi politiche che in fin dei conti esprimevano concessioni alle pressioni degli ambienti intellettuali europei. Ciò li ha portati, di frequente, a compiere brusche virate e a dare sostegno politico a dirigenti e movimenti estranei e contrari alla classe operaia.
In questo modo, capitolavano di fronte a ogni fenomeno politico che abbagliava le cosiddette avanguardie e, coerentemente, di fronte a ogni dirigenza politica burocratica, piccolo-borghese e persino borghese nazionalista che guidasse qualunque importante processo di lotta o una rivoluzione.
I nostri compagni dicevano che questo trotskismo non andava oltre il seguire «le mode politiche». Questa caratteristica mostrava, in ultima istanza, una mancanza di fiducia nel potenziale rivoluzionario del proletariato industriale.
Hanno dapprima capitolato di fronte allo stalinismo, impressionati dall'enorme prestigio acquisito dalla sconfitta del nazifascismo e dall'espropriazione della borghesia nell'Europa orientale.
La giustificazione teorica è stata elaborata da Pablo e assecondata da Mandel. In sostanza, davano come imminente una «terza guerra mondiale» tra l'imperialismo statunitense e l'Urss. Nel mezzo di questo percorso inevitabile, sosteneva Pablo, i partiti stalinisti avrebbero fatto la rivoluzione internazionale per difendere gli Stati operai burocratizzati, fonte dei loro privilegi. La revisione era completa: i principali esponenti della Quarta Internazionale accordavano un carattere rivoluzionario nientemeno che al più potente apparato controrivoluzionario della storia.
Di conseguenza, hanno proposto la linea organizzativa secondo cui i partiti trotskisti della Quarta avrebbero dovuto «entrare» e dissolversi nei partiti stalinisti. Ma questo «entrismo» non era per combattere le dirigenze di quei partiti, bensì per «consigliarli» nel processo di rivoluzione mondiale che avrebbero dovuto guidare. Il risultato è stato disastroso. La Quarta si spaccò per la prima volta nel 1953, quando un'ala non accettò questa revisione. Il settore che per 17 anni ha perseguito la linea dell'«entrismo sui generis» è scomparso.
Mentre il trotskismo revisionista era claudicante ora fra lo stalinismo ora fra il nazionalismo borghese, fra Tito e Mao, fra la dirigenza castro-guevarista e il suo orientamento fuochista per l'America Latina, fra l'avanguardia studentesca radicalizzata emersa durante il maggio francese; fra l'eurocomunismo e il sandinismo, la corrente orientata da Moreno, benché minoritaria, si è diretta in senso opposto e non ha risparmiato sforzi per inserirsi nel movimento operaio e nei luoghi di lavoro, presentandosi sempre come un’alternativa di direzione rivoluzionaria per le loro lotte.
Nel 1984, Moreno spiegò a un nuovo gruppo di dirigenti del partito la forza delle pressioni esercitate dalle mode politiche degli anni Sessanta e Settanta: «All'inizio degli anni Sessanta, tutti leggevano Che Guevara e Frantz Fanon. Noi sembravamo dei pazzi: eravamo gli unici a dire che la classe operaia non è oligarchica né aristocratica. Quelli dicevano che bisognava fare le rivoluzioni contro di essa (...). E noi dicevamo: 'Nossignore' (...). Dicevamo allora: ‘Occorre la mobilitazione della classe operaia’. E si è mobilitata. Nel 1968, sette o otto anni dopo le polemiche con Che Guevara (...)».
Questa fiducia nel potenziale rivoluzionario del proletariato, secondo Moreno, si basava sul fatto che: «Il trotskismo è legato al proletariato e solo ad esso (...). Il suo programma è essenzialmente operaio. È il programma che la classe operaia deve applicare per guidare tutti gli sfruttati del mondo. Per questo il trotskismo accompagna il proletariato come l'ombra accompagna il corpo».

 

L'ossessione della corrente di legarsi alla classe operaia

Sorreggendosi a questa visione programmatica, i partiti nazionali sono sempre stati orientati a concentrare sforzi e risorse per intervenire nel movimento operaio.
La propria debolezza o una determinata situazione della lotta di classe e/o del movimento sindacale ha certamente fatto sì che, a volte, si applicassero altre tattiche, come la costruzione, per un certo periodo, nel movimento studentesco, nel movimento popolare e persino all'interno dei contadini poveri. Ma queste iniziative sono sempre state considerate tattiche, mosse necessarie per diminuire la distanza tra i partiti e il movimento operaio.
Nella storia del morenismo, oltre al caso argentino e alla sua esperienza ai tempi del Pst e del vecchio Mas, possiamo citare l'esempio dei giovani militanti colombiani che andarono a intervenire nelle manifestazioni operaie del loro Paese. O il caso del partito spagnolo, quando incentrò le sue forze a Getafe, uno dei più importanti centri industriali di Madrid. Anche notevole è l'esperienza del gruppo di giovani, molti dei quali provenienti dal movimento studentesco, che, alla fine degli anni Settanta e pochi anni prima dell'emergere del fenomeno Lula e del Pt brasiliano, hanno coraggiosamente deciso di intervenire nel processo di lotte operaie dell'Abc di San Paolo, l'immenso complesso industriale di San Paolo. Lì parteciparono ai sindacati e guidarono le opposizioni contro la burocrazia sindacale, prima e durante il processo di fondazione del Pt e della Cut, una confederazione sindacale operaia dove le tesi difese dai trotskisti dell'allora Convergenza Socialista ebbero un peso mai inferiore al 10% dei delegati.
Attualmente, la Lit-Qi sta sviluppando un importante lavoro nel movimento operaio di diversi Paesi, tra cui Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Spagna, Italia, Paraguay, Regno Unito, ecc.

 

Una lezione ferrea: non ci sono scorciatoie

Oggi c'è una fortissima pressione affinché i partiti rivoluzionari si allontanino dalla classe operaia e si dirigano verso i «nuovi» fenomeni sociali e politici.
Nel primo decennio di questo secolo, la pressione per diventare «chavista» era quasi irresistibile. Circa dieci anni fa la moda imponeva di sostenere il progetto Syriza, Podemos o il Bloco de Esquerda. Ora tornano con forti pressioni per capitolare a Lula e al Pt in Brasile, alla coalizione guidata da Boric in Cile o al Frente de Todos in Argentina. Per non parlare della tendenza, spinta dal neostalinismo, a sostenere le dittature capitaliste… fino al colmo di difenderle di fronte alla mobilitazione dei loro popoli, come quelle di Cuba, della Cina e persino della Russia di Putin, che dal febbraio del 2022 ha invaso l'Ucraina.
In realtà, non è una novità. Si tratta essenzialmente della stessa pressione cui erano sottoposti - e a cui si piegavano - gli ex dirigenti del Su [Segretariato unificato] e del Swp [Socialist Workers Party] quando erano assoggettati dall'influenza di Castro, Guevara, del maggio francese o del sandinismo.
È la consueta pressione a non restare «isolati»; l'idea che, navigando a favore di corrente, sarà finalmente possibile «rompere la marginalità».
In questo senso, Moreno ha lasciato in eredità una lezione immensa alle nuove generazioni di rivoluzionari e rivoluzionarie. Una lezione che la Lit-Qi mantiene tuttora. Abbiamo sempre percorso il «cammino delle masse». Ma la battaglia per essere parte dei processi vitali della lotta di classe e per costruire il Partito e l'Internazionale non ha mai significato alcun tipo di allontanamento dai principi né dal programma rivoluzionario né dalla classe operaia.

Questo non significa che Moreno e la nostra corrente siano stati immuni dalle pressioni del movimento delle masse e degli apparati che lo controllavano. È inevitabile. La costruzione di una direzione rivoluzionaria è una lotta costante contro l'opportunismo e il settarismo.
Moreno, nell’intento di educare metodologicamente il partito, non si sottraeva dal riconoscere pubblicamente i propri errori e le proprie deviazioni, perché era convinto che questo fosse l'unico modo per affrontare seriamente una rettifica. Diceva che la storia della nostra corrente è la storia dei suoi errori.
Ma il fatto di essere riuscito a superare queste pressioni, a volte a caro prezzo, rafforzò la fiducia di Moreno nella forza creatrice della classe operaia, alla luce dell'esperienza. Capì che non c'erano scorciatoie per la conquista del potere, che senza la classe operaia semplicemente non erano possibili la dittatura rivoluzionaria del proletariato né la strategia della rivoluzione mondiale.
Questa lezione, indispensabile per i nostri tempi, è rimasta eterna poco prima della sua morte, avvenuta nel gennaio 1987.
«Non c'è modo di ingannare il processo storico e di classe (...). Mi riferisco al carattere di classe. Cerchiamo di guidare il proletariato, non ci allontaniamo mai da esso. Non si tratta di declamazione, ma di una politica internazionale di classe che deriva da una profonda analisi teorica. Non c’è trucco politico che valga. Non serve a nulla mentire, dire ai contadini che siamo contadini, con l'obiettivo di fare una rivoluzione operaia. Se la classe operaia non ci segue, non andiamo da nessuna parte. Ci burocratizziamo, capitoliamo di fronte ai contadini. È inconcepibile fare la rivoluzione proletaria senza il proletariato (...). Nel corso della mia vita politica, dopo aver guardato, ad esempio, con simpatia al regime emerso dalla Rivoluzione cubana, sono giunto alla conclusione che è necessario continuare con la politica rivoluzionaria di classe, anche se ciò posticipa la nostra ascesa al potere di venti o trent'anni, o ciò che sia. Vogliamo che sia la classe operaia che arrivi veramente al potere, per questo vogliamo dirigerla».

 

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