Partito di Alternativa Comunista

Dopo l'Arcobaleno, la tempesta

Elezioni

Dopo l'Arcobaleno, la tempesta

Cosa cambia a sinistra

 

 

Francesco Ricci

 

 

A volte il futuro può essere previsto

 

Rifondazione non scompare perché perde voti ma perde voti perché scompare. Non è un gioco di parole e per spiegarlo dobbiamo fare una citazione. Eccola:

"Più si prodiga in servizi per il governo, più Rifondazione perde voti (è ridotta ormai forse a un partito del 3 o 4%); più copre le politiche anti-operaie di Prodi, più si trova scoperta, contestata davanti alle fabbriche, abbandonata dai militanti e da quell'area che pure aveva raccolto negli ultimi quindici anni. (...) E' la legge implacabile che ha condannato tutti gli esperimenti socialdemocratici degli ultimi due secoli e che oggi sta rapidamente polverizzando un partito che si trova ad agire in assenza persino di quei minimi spazi 'redistributivi' su cui hanno campato per un po' socialdemocrazie ben più robuste di quella di Giordano." (1)

E' un nostro articolo del 12 giugno del 2007. Non vogliamo dimostrare poteri divinatori (né esibire referenze per essere assunti da qualche istituto statistico). Il disastro elettorale di Rifondazione era prevedibile perché è il riflesso della sistematica distruzione del suo tessuto militante. Per questo è ridicolo che Giordano se la prenda con l'appello al "voto utile" lanciato da Veltroni. Non è stata la campagna elettorale del Pd a distruggere Rifondazione ma il progetto socialdemocratico di tutto il suo gruppo dirigente.

 

Le cravatte di una burocrazia arrivista

 

Per non citare altri nostri articoli dei mesi scorsi in cui analizzavamo la corsa al potere della burocrazia dirigente del Prc, faremo riferimento a un articolo pubblicato oggi su un giornale. Qui si racconta dei piccoli vizi da parvenu dei capi del Prc, dell'improvvisa pioggia di posti, onori e lussi che ha investito quello strato privilegiato quando è entrato nel governo. Il giornalista indugia su splendori e miserie, sui negozi di lusso dove dirigenti rampanti vanno a comprare cravatte firmate. Può sembrare un pezzo "di colore", e forse l'aneddoto delle cravatte è inventato. Ma è del tutto verosimile.

La teoria socialdemocratica (l'idea cioè che si possano conciliare, possibilmente al governo, gli interessi delle due classi mortalmente nemiche in cui è divisa la società), come spiegava Rosa Luxemburg, non nasce nella testa di qualche raffinato teorico ma dalla corruzione materiale con cui la democrazia borghese cerca costantemente di distogliere i rappresentanti della classe operaia dalla lotta per il potere operaio. Il che non deve indurre (come vorrebbe qualcuno) a rifiutare politica, partiti e potere in quanto di per sé corruttori: ma motiva invece la costruzione di un partito rivoluzionario, cioè un partito per portare al potere la classe operaia contro i capitalisti. E' questo l'unico antidoto alla burocratizzazione e quindi al riformismo. L'una e l'altro erano presenti fin dall'origine di Rifondazione e si sono sviluppati intorno a un gruppo dirigente riformista che, per favorire la propria scalata sociale, ha messo i piedi sulla schiena dei militanti e sul loro sforzo sincero, per sedersi su qualche poltrona vellutata, frequentare salotti in cui conversare amabilmente con i politici borghesi dei mali del mondo, sfoggiare quelle cravatte che hanno attirato l'attenzione del giornalista.

 

Lo scontro nell'Arcobaleno e nel Prc

 

La rapida occhiata che abbiamo rivolto alla natura dei gruppi dirigenti riformisti ci è utile per capire le ragioni dello scontro virulento che si sta aprendo nei vertici dell'Arcobaleno.

Se dimenticassimo quanto scritto sopra, saremmo tentati di interpretare linee e culture differenti che emergono nel momento della crisi facendone solo un'analisi politica. Ma sarebbe di scarsa utilità perché le differenze sono prima di tutto dettate dal tentativo dei vari dirigenti di salvarsi con i pochi salvagente e gommoni disponibili, lasciando affogare il dirigente che nuota a fianco (se necessario anche spingendogli la testa sotto).

Nello sforzo per salvarsi si generano richieste di congressi anticipati, improvvisi ravvedimenti tra uno spruzzo e l'altro delle onde che ricoprono la nave.

Così Giordano, Migliore e Bertinotti si aggrappano al gommone dell'Arcobaleno e propongono di "andare avanti". Intenzione stoica se non fosse che a seguirli, dietro, non c'è più nulla. Intorno a questo primo canotto nuotano i Ferrero, i Grassi, i Diliberto. Ognuno dando un calcio al vicino e cercando al contempo di affondare il coltello nel bertinottismo che pure stenta a galleggiare. Nell'acqua gelida riscoprono ardori "comunisti" e propongono di federare e non sciogliere i partiti. Il che ha la stessa efficacia di sforzarsi intensamente di dimenticare il presente elevando una preghiera a padre Pio perché rinvii il futuro. Nessuno di loro, difatti, mette in discussione il progetto socialdemocratico e governista ma solo le forme con cui attuarlo.

Se non fosse che i Bertinotti e i Giordano, che hanno coscientemente tradito gli interessi dei lavoratori, non suscitano in noi moti di pietà, verrebbe da compatirli per il fatto di trovarsi circondati da simili corsari. Dal corsaro Rosso Diliberto che ritrova in un sol colpo comunismo e morale perduta, dopo anni di voti alle finanziarie e alle guerre. O dal corsaro Nero Paolo Ferrero che, senza aver nemmeno avuto il tempo per nascondere la grisaglia ministeriale, dopo due anni ora sente di nuovo battere in sé il cuore di un combattente per la causa operaia.

Difficile dire quale tra i naufraghi riuscirà a restare a galla affogando il vicino. Certo è che chi li fotografasse oggi, nelle acque profonde del naufragio socialdemocratico, urlanti e scalcianti, avrebbe un ritratto del riformismo dei giorni nostri nella sua miserevole realtà.

 

L'inutilità (e la pericolosità) del centrismo

 

Se si infila uno spillo in un palloncino, scoppia con un piccolo rumore secco. Ma se si infila uno spillo in una mongolfiera (o in un canotto, per restare alle metafore marinare), l'aria continuerà a uscire a lungo, sibilando. I numeri elettorali sono stati lo spillo per Sinistra Critica e Pcl di Ferrando (diciamo sempre "di Ferrando" in quanto è un partito personale in cui tutto coincide col leader).

Per tutta la fase che ha preceduto le elezioni, entrambe queste organizzazioni hanno cercato di presentarsi per quello che non sono (e che nessuno è oggi in Italia): cioè forze di ampia taglia, con radicamento e migliaia di militanti. E' imbracciando questa bugia, che raccontano ai loro stessi iscritti, che hanno rifiutato di stringere quell'accordo elettorale da noi proposto che - pur non rimuovendo le differenze - avrebbe consentito la presentazione di un'unica lista con la falce e martello (2).

Si è arrivati così a tre liste, anche se la nostra è stata limitata nella presentazione dalla soglia altissima di firme imposta dalla legge, da raccogliere in due settimane: soglia irraggiungibile anche per Pcl (di Ferrando) e Sc che infatti l'hanno aggirata con l'appoggio di deputati eletti in altre liste o financo con la dichiarazione di sostegno di un guerrafondaio. (3)

L'esito è ora sotto gli occhi di tutti. La visibilità in campagna elettorale è stata minore (4) e le percentuali elettorali (a parte la gara tra Ferrando e la D'Angeli su chi ha lo 0,1 in più) sono irrisorie specie se rapportate alla crisi di proporzioni bibliche del riformismo. Mentre il tentativo di governare con una parte del padronato ingabbiando le lotte affonda più rapidamente del Titanic, a sinistra dell'Arcobaleno non è stato possibile costruire nemmeno una zattera per recuperare le centinaia di militanti di base che sono stati buttati in mare. Solo il narcisismo di Ferrando può trovare consolazione nel dichiarare alla stampa che il suo è "il primo partito a sinistra dell'Arcobaleno"...

E' la conferma che il centrismo non solo non è utile nella costruzione di un partito comunista ma costituisce spesso un ostacolo.

Abbiamo analizzato altrove (5) le differenze tra il nostro programma, il nostro progetto e quello delle due sigle centriste (cioè oscillanti tra posizioni riformiste e generici richiami rivoluzionari). Non ci torniamo qui. Qui è utile ricordare però un aspetto essenziale: Pcl e Sc hanno due progetti diversi ma accomunati dalla volontà di occupare lo spazio lasciato libero dalla crisi della socialdemocrazia non per edificarvi un partito comunista di militanti con influenza di massa ma riprendendo il movimentismo bertinottista d'altre fasi (Sinistra Critica), o usando il richiamo di un imprecisato "comunismo" (Pcl) in una pericolosa operazione di sommatoria di militanti in buona fede e di arrivisti, per costruire un partito leggero a vocazione (per quanto frustrata) elettorale. Il rischio per Ferrando è che il richiamo nostalgico ora riprenderanno a usarlo anche altri (i Diliberto e i Rizzo), con ben maggiori mezzi, tentando di rilanciarsi su quello stesso terreno che il Pcl pensava di aver ormai acquisito.

 

Il nostro impegno nel nuovo scenario

 

La campagna per la raccolta di firme, con centinaia di banchetti in decine di città, è stata per noi un momento importante di raccolta di energie. In seguito, lo spazio piccolo ma inedito che ci siamo guadagnati su stampa e Tv, unito alla consueta attività militante, ha moltiplicato la visibilità della nostra organizzazione. Il sito web (che è, insieme a questo giornale, il nostro "organizzatore collettivo") ha visti decuplicati gli accessi (sfiorando punte di trentamila visitatori in un giorno, e attestandosi intorno alle 20 mila in tutto il periodo elettorale, cioè numeri che nessun sito a sinistra può vantare). Usciamo dalle elezioni con centinaia di nuovi contatti e con l'avvio di nuove Sezioni in molte regioni.

Chi scrive non ha l'abitudine di usare lo zucchero per il caffé: ma nemmeno per addolcire la realtà. Non ci raccontiamo quindi di aver risolto gli infiniti problemi che stanno davanti a chi si opponga al capitalismo e ai suoi governi né pensiamo (lasciamo ad altri la casacca di Napoleone) di dire: il partito comunista c'est moi. Quel partito di cui c'è urgentissimo bisogno ancora non c'è. Per parte nostra abbiamo da investire un piccolo preziosissimo patrimonio di energie e intelligenze militanti, piccoli ma efficaci strumenti di propaganda, e poi il rapporto fondamentale con i militanti che in giro per il mondo costruiscono con noi la Lega Internazionale dei Lavoratori e quel partito internazionale che ancora non c'è, la Quarta Internazionale.

In questi giorni tutta la stampa borghese ripete con insistenza che è preoccupante la scomparsa dei comunisti dal parlamento... I "comunisti" di cui parlano sono i Bertinotti e i Diliberto, che la borghesia dimostra di aver imparato ad apprezzare. Quegli stessi giornali parlano di "pericoli di terrorismo": ma in realtà non temono qualche isolato imbecille che pretende di affrontare lo Stato borghese da solo con lo schioppo. Ciò che realmente spaventa i padroni è che - saltato il controllo delle burocrazie socialdemocratiche - riprendano le lotte di massa contro i prossimi attacchi che il governo Berlusconi sta già preparando. Hanno paura che da lì possa partire la costruzione di un partito comunista che si ponga il compito di legare le lotte di opposizione di oggi al rovesciamento domani del capitalismo e dei suoi governi.

E hanno perfettamente ragione.

 

 

Note

(1) "La legge implacabile che condanna la socialdemocrazia", articolo di F. Ricci pubblicato sul nostro sito web.

(2) Sulla nostra proposta e sull'esito si possono leggere vari articoli pubblicati sul nostro sito.

(3) Si veda sul nostro sito l'articolo "Gli amici guerrafondai di Ferrando".

(4) V. sul nostro sito l'articolo "Elezioni: in Tv lo strapotere dei partiti borghesi. Ma Pcl e Sc se la prendono con Alternativa Comunista. E fanno battaglia perché vengano censurati i comunisti."

(5) Al tema abbiamo dedicato un ampio articolo: "Elezioni. Perché tre forze a sinistra dell'Arcobaleno? Le differenze tra trotskismo e centrismo."

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