Partito di Alternativa Comunista

Relazione conclusiva, di Francesco Ricci

Nasce il Partito di Alternativa Comunista

Relazione conclusiva del congresso di Francesco Ricci

 

 

Non amo fare notazioni personali negli interventi: e dunque non ne farò nemmeno stavolta. Se dico infatti che in un quarto di secolo di militanza trotskista non ho mai partecipato a un congresso più bello di questo, credo di esprimere la sensazione di tanti di noi. Un congresso bello non solo per lo spirito elettrico, di entusiasmo contagioso che lo attraversa, ma anche per l'altissimo livello del dibattito. Mi piace ricordare qui, tra i tanti, l'intervento di un giovanissimo compagno di Matera - qualcuno mi ha chiesto quanti anni abbia: ne ha soli diciotto - che, a braccio, ha espresso con grande capacità argomentativa il senso della nostra battaglia. Se un compagno così giovane fa un intervento simile significa che abbiamo costruito qualcosa di importante.

 

Uno sguardo indietro

 

Diversi compagni hanno ricordato i due congressi a cui alcuni di noi hanno partecipato proprio un anno fa sempre qui a Rimini: il congresso di scioglimento dell'Amr Progetto Comunista (a gennaio) e il congresso fondativo di Pc Rol (a febbraio). Perché il pensiero è tornato a quel periodo? Adesso possiamo dircelo: perché in quei mesi abbiamo rischiato di essere travolti, e con noi quanto era stato accumulato in quindici anni di battaglia nel Prc. E se c'è spesso una punta di astio verso certi personaggi come i Ferrando e i Grisolia è perché giustamente si vede in quelle figure i massimi responsabili di una disfatta possibile - ancorché scongiurata.
La crisi del vecchio Progetto Comunista e la sua scissione hanno avuto cause soggettive ed oggettive (e anche alcune che definirei semplicemente psichiatriche...). La vecchia sinistra di Rifondazione è stata travolta da quella che i compagni della Lit definiscono la "alluvione opportunista" che ha distrutto tante altre organizzazioni nel mondo in questi anni. L'elemento primario di quella deriva opportunista era certo venuto dalle pressioni enormi che Progetto Comunista ha subito in quindici anni di battaglia entrista in un partito riformista; una pressione moltiplicata dall'ingresso al governo del Prc. (...)
Come frazione di sinistra del vecchio Progetto Comunista, facevamo due previsioni: primo, il blocco costruitosi attorno a Ferrando per contrastarci non sarebbe durato a lungo, essendo privo di basi politiche; secondo, l'abbandono da parte di quel blocco dei principi politici e organizzativi del leninismo (per abbracciare una concezione menscevica del partito, come struttura lassa, senza distinzione tra militanti e semplici simpatizzanti) avrebbe portato alla distruzione di Progetto Comunista e noi dovevamo muoverci subito per non restare sotto le macerie del ferrandismo. Ora è evidente che non ci sbagliavamo. Il blocco di Ferrando è andato in pezzi poche settimane dopo: una parte è rimasta in Rifondazione a chiedere poltrone e il resto, il cosiddetto Pcl, con le sue basi opportuniste e vaghe (i "quattro punti), lungi dall'essere facilitato nel formare un'aggregazione larga (in quanto non si richiede nulla per essere considerati militanti, né impegno personale né condivisione di un programma reale) ha solo portato a un accumulo esplosivo di contraddizioni che li ha costretti a rinviare a tempi migliori persino il congresso fondativo. (...)

 

Un anno fa ci dicevano: "durerete un mese"...

 

Erano in molti a farsi beffe di noi e della nostra scissione dal Prc un anno fa. Ci dicevano: "durerete un mese". Noi siamo qui, in questo congresso bellissimo, pieno di operai e di giovani, e loro dove sono finiti?
Il Prc è ormai l'incarnazione della nota formula leniniana della socialdemocrazia come "agente della borghesia in seno al movimento operaio". Il suo ruolo è di smobilitare le lotte, anche talvolta partecipandovi per mettere la museruola del governo.
Per sopravvivere - in mezzo a sedi territoriali che chiudono e a iscritti in fuga - provano a ricorrere alle formule di Rina Gagliardi che assicura che il Prc "è un partito di lotta e di governo in un governo di lotta e di mediazione". Una definizione che ha un bel suono ma che al momento pare non convincere né i militanti del Prc (tanto che la segreteria nazionale discute della necessità di istituire un "gruppo di contatto" che "spieghi ai militanti quanto di buono stiamo facendo al governo") né fuori dal Prc, dove gli operai di Mirafiori definiscono - con precisione scientifica, direi - Bertinotti un "traditore".
Quanto a Essere Comunisti, la più grande minoranza del Prc, si è praticamente sciolta. A scaglioni i suoi dirigenti sono rientrati in maggioranza, tanto che i bertinottiani possono vantare in vista del prossimo congresso organizzativo una maggioranza dell'85% del gruppo dirigente. La loro opposizione ha avuto breve durata: hanno votato le missioni militari e la Finanziaria e ora spettano tempi migliori.
La stessa cosa si può dire dell'altra minoranza del Prc, Erre-Sinistra Critica (la sezione del Segretariato Unificato). Anche la loro previsione sulla nostra durata non superava le poche settimane di sopravvivenza. Mentre noi siamo qui a fondare un nuovo partito loro aspettano la conferenza organizzativa del Prc e nel frattempo votano la Finanziaria dei banchieri sperando - come ha dichiarato Turigliatto - "un futuro ravvedimento del gruppo dirigente bertinottiano". (...)

 

Una battaglia per guadagnare la maggioranza tra le avanguardie, per crescere

 

Ma se critichiamo puntualmente le politiche di queste aree non è certo per un gusto polemico. E' perché sappiamo che la costruzione del partito comunista necessita anche delle forze di tanti militanti che ancora sono intrappolati in quelle organizzazioni. A loro diciamo: sviluppiamo una battaglia comune contro il governo, le sue politiche, il suo prossimo attacco alle pensioni. Ma diciamo anche: vedete bene che i vostri gruppi dirigenti non hanno alcuna intenzione di partecipare a questa lotta perché sono ormai stati risucchiati dalla prospettiva governista: valutate allora se il vostro posto non è piuttosto in questo nuovo partito che oggi nasce e le cui porte sono spalancate per tutti i militanti onesti che realmente credono nella necessità di rovesciare il capitalismo e sanno che senza un partito ogni lotta futura sarà destinata alla sconfitta.

 

Sulle spalle di giganti

 

Questo nuovo partito noi lo iniziamo a costruire oggi su principi programmatici e organizzativi che non abbiamo inventato noi e in questo senso, per dirla con Newton, noi siamo nani seduti sulle spalle di giganti, e solo per questo riusciamo talvolta a guardare lontano. I nostri giganti sono i dirigenti noti e i militanti meno noti del bolscevismo, e poi dell'Opposizione di sinistra allo stalinismo, della Quarta Internazionale. E' sfruttando l'esperienza e il sacrificio di migliaia di militanti rivoluzionari degli anni scorsi che noi possiamo andare avanti.
Le Tesi e lo Statuto che abbiamo approvato ieri in questa sala non vogliono essere due testi da mettere poi in soffitta ma uno strumento vivo di intervento nelle prossime lotte. Il lavoro che ci aspetta è tantissimo, siamo solo all'inizio. Dovremo rafforzare le nostre strutture locali, ancora deboli. Dovremo strutturare il nostro lavoro, dividendo i compiti tra tutti i militanti. Dovremo saperci espandere, arrivando in città dove ancora non siamo presenti. E per fare questo abbiamo già strumenti preziosi e unici nel panorama della sinistra italiana: un giornale e un sito web di alto livello (possiamo dircelo senza modestia), a cui collaborano non intellettuali d'accademia ma militanti. Dovremo aprire nuove sedi periferiche; avremo necessità di incrementare per fare tutto questo il nostro autofinanziamento, che già ha peraltro raggiunto buoni livelli: grazie all'impegno costante di tutti gli iscritti.

 

Lo spazio politico nello scenario nazionale e internazionale

 

Lo scenario politico internazionale e nazionale, che è stato ampiamente analizzato nelle relazioni di Antonino Marceca (introduttiva alla sessione politica) e di Valerio Torre (che ha aperto il dibattito sulla nostra collocazione internazionale) non sono certo paragonabili alla situazione politica in cui nascevano i partiti comunisti negli anni Venti, sull'onda della rivoluzione d'Ottobre. Ma non è nemmeno uno scenario pacificato. Anzi: dall'insurrezione di Oaxaca alla attuale vittoria sul campo - che potrebbe avere risvolti epocali - della resistenza irakena, il mondo continua ad essere attraversato da crisi, guerre e rivoluzioni. E' tra queste coordinate che noi navigheremo.
E in Italia l'attacco violentissimo che Prodi, in concertazione con Epifani e Bertinotti, prepara contro le pensioni produrrà (e già produce, si pensi a Mirafiori) una reazione dei lavoratori. Noi dobbiamo essere lì, contribuendo alla crescita della lotta. Questo è il senso delle proposte per la prossima fase che abbiamo discusso e su cui non torno qui. Prima tra tutte la promozione in ogni città di comitati a difesa delle pensioni pubbliche e contro le politiche precarizzanti del governo. (...)
Questo governo di fronte popolare preventivo (che mira cioè a disinnescare le lotte) avrà nel medio-lungo periodo effetti devastanti. Ma nel breve-medio periodo contribuisce, involontariamente, alla crescita e al disincanto dei settori di avanguardia più combattiva. Il nostro compito è costruirci lì in mezzo. Sapendo che non abbiamo concorrenti politici perché nessuno vuole oggi costruire in Italia un partito rivoluzionario, cioè trotskista: e questo significa che nessuno vuole costruire nemmeno un partito di reale opposizione al governo della borghesia, in quanto le due cose si intrecciano indissolubilmente.

 

Siamo sezione di un partito internazionale

 

Questo partito lo abbiamo fin da subito iniziato a costruire tanto sul piano nazionale come su quello internazionale. In una sessione specifica del congresso abbiamo discusso in termini approfonditi di questa nostra battaglia per costruire l'Internazionale dei comunisti, cioè della battaglia per la ricostruzione della Quarta Internazionale. Non è solo una petizione di principio: è sapere che solo così potremo superare le nostre debolezze nazionali, in un processo di costruzione e di confronto continuo con i militanti rivoluzionari di altri Paesi, costruendoci come un unico partito mondiale.
La nostra adesione alla Lega Internazionale dei Lavoratori (Lit) ha questo significato. La presenza qualificata dei principali dirigenti della Lit, di tante sue sezioni, europee e latinoamericane, a questo congresso è quindi per noi non solo motivo di orgoglio ma sostiene anche la nostra convinzione che in questo modo, per questa via, riusciremo a farcela nonostante le difficoltà: perché non può esistere un partito rivoluzionario in un Paese solo.

 

Oggi l'orgoglio e la soddisfazione, da domani nuove durissime battaglie

 

Cari compagni, care compagne, tra noi, a differenza che in altre organizzazioni, nessuno si crede Napoleone... anche se un pizzico di follia è indispensabile per essere rivoluzionari... Siamo consapevoli della pochezza delle nostre forze e di quanto siano ancora inadeguate le nostre strutture di fronte ai compiti giganteschi che ci poniamo. Non è dunque retorica se diciamo che questo congresso è un atto storico. Non è certo la prima volta che nasce un partito che si richiama in qualche modo al comunismo. Ma è certo la prima volta in Italia dopo gli anni Trenta che si tiene il congresso costitutivo di un partito indipendente che si richiama al programma fondamentale della rivoluzione internazionale, cioè un partito trotskista ed è la prima volta che ciò avviene in un contesto che permette di ritenere l'impresa realizzabile.
E' per questo che almeno per oggi - da domani dobbiamo tornare al lavoro - in questa bellissima giornata possiamo concederci una legittima soddisfazione e commozione. E' per questo che qui dentro siamo oggi tutti animati da quello che Moreno definiva "orgoglio di partito". Siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto e di quello che, ne siamo certi, sapremo fare.

Viva il Partito di Alternativa Comunista! Viva la Lit! Viva la Quarta Internazionale!

 

 

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