Partito di Alternativa Comunista

La Comune e l'Internazionale

La Comune e l'Internazionale

La battaglia di Marx per guadagnare

la Prima Internazionale al comunismo

 

 

"La Prima Internazionale ci ha dato un programma e una bandiera. La Seconda Internazionale consentì alle masse di erigersi saldamente sulle proprie gambe. La Terza Internazionale ha fornito un esempio di eroica azione rivoluzionaria. La Quarta Internazionale condurrà alla vittoria finale!"

Lev Trotsky ("La Francia è ora la chiave della situazione", marzo 1934) (1)

 

 

 

di Francesco Ricci

 

Quattro sono le organizzazioni internazionali che il movimento operaio ha costruito in due secoli di storia.
L'Associazione Internazionale dei lavoratori (o Associazione Internazionale operaia, da ora in poi Ail o Prima Internazionale), che fu attiva dal 1864 al 1872 (anche se formalmente si estinse nel 1876); la Seconda Internazionale, che fu costituita nel 1889 a Parigi e che morì, di fatto, allo scoppio della prima guerra mondiale, quando la quasi totalità dei partiti che la componevano sostenne i rispettivi governi borghesi nel grande macello della guerra imperialista; l'Internazionale comunista (o Terza Internazionale) che prese le mosse al momento della crisi della Seconda ma la cui nascita formale avvenne nella Mosca sovietica nel marzo 1919 e il cui atto di morte fu stilato per mano stalinista nel 1943, quale omaggio all'imperialismo anglo-americano con cui la burocrazia diretta da Stalin si stava spartendo il mondo in zone d'influenza, rinunciando anche formalmente a ogni sviluppo rivoluzionario mondiale, dopo avervi già rinunciato nei fatti a partire dalla seconda metà degli anni Venti. Infine la Quarta Internazionale, fondata da Trotsky e dagli altri bolscevichi sopravvissuti ai colpi incrociati del fascismo e dello stalinismo: si tratta dell'internazionale che fu battezzata nel 1938 ma le cui origini risalgono alla battaglia avviata da Trotsky e dall'Opposizione russa contro lo stalinismo già alla metà degli anni Venti. Quell'internazionale ha subito, dagli anni Cinquanta, un lungo processo di deriva politica e di conseguente frantumazione organizzativa. La Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale (di cui il Pdac è sezione italiana) si considera lo strumento per ricostruirla oggi.

 

  1. L'incontro tra operai inglesi e francesi

 

La vera madre dell'Ail è la crisi economica del 1857-1858 che determina ‑ così come succede con la crisi odierna che stiamo vivendo, iniziata nel 2007 ‑ tanto un aggravarsi dell'attacco della borghesia agli operai per recuperare il tasso di profitto perduto, come una risposta di lotta degli operai. Il biennio 1858-1859 è caratterizzato da un aumento degli scioperi in vari Paesi europei e da una loro radicalizzazione. Di particolare importanza è lo sciopero degli operai portuali di Londra da cui nasce, per coordinare la lotta, la London Trades Council, i cui principali dirigenti ritroveremo pochi anni dopo alla testa dell'Ail. Ma i facchini del porto sul Tamigi sono solo una parte della nuova avanguardia di lotta che si è risvegliata dopo i dieci anni di riflusso seguiti alla sconfitta delle rivoluzioni del 1848. In prima fila ci sono anche gli operai edili inglesi che con scioperi durissimi impongono nel 1861 la riduzione della giornata lavorativa (a nove ore e mezza!).
Questa ondata di scioperi induce i padroni a usare il ricatto della mano d'opera straniera a minor costo. In risposta gli operai comprendono la necessità di coordinarsi di là dalle frontiere per spezzare il meccanismo della "concorrenza" tra lavoratori.
Ma, come rimarca David Rjazanov (2), di certo uno dei massimi esperti di storia dell'Ail e del marxismo, non sono solo le esigenze pratiche del momento a indurre gli operai di diversi Paesi a unirsi, bensì anche la politica e in particolare l'entusiasmo che suscitano in quegli anni nelle masse del Vecchio continente le lotte per l'indipendenza nazionale in Italia (Garibaldi era una figura celebre tra gli operai europei) e in Polonia. In quest'ultimo Paese è in corso, a inizio degli anni Sessanta, una sollevazione contro l'oppressione della Russia zarista.
Ed è proprio il tema della solidarietà con le masse rivoluzionarie polacche a condurre all'organizzazione, il 28 aprile 1863, a Londra, di una grande assemblea presieduta dal filosofo positivista Edward Spencer Beesly; un'altra grande assemblea sarà organizzata nel luglio dello stesso anno. In queste assemblee si riannodano rapporti instaurati tra gli operai inglesi e quelli francesi che si erano incontrati all'Esposizione universale di Londra l'anno prima: nel corso del 1862 erano stati infatti oltre 700 gli operai francesi recatisi in vari momenti a Londra.
Gli operai francesi erano in quel periodo in lotta, come i loro compagni inglesi, contro i tentativi borghesi di scaricare la crisi sulle spalle dei lavoratori. La Francia era governata da Napoleone III (dal 1852 proclamatosi "imperatore"), che dominava con un misto di concessioni paternaliste e repressione.
Il 23 luglio 1863 un gruppo di operai francesi, guidati da Tolain, proudhoniano (avremo modo in seguito di tornare su questa figura e sul proudhonismo), partecipa a un'iniziativa pubblica organizzata dal London Trades Council. I rapporti tra i capi degli operai inglesi (guidati da Odger e Cremer) e i capi degli operai francesi (guidati da Tolain) si fanno più intensi. Viene convocata a Londra per il 10 novembre 1863 una riunione ristretta chiamata a discutere una bozza di lettera degli operai inglesi ai compagni francesi. Il testo di questa lettera aperta, scritta da Odger, pone al centro la necessità di "una comune associazione tra coloro che col proprio lavoro producono tutto ciò che è essenziale alla vita dell'umanità." (3) E' necessario organizzare una più grande assemblea operaia internazionale per discutere di questi temi. I preparativi proseguono per vari mesi finché questa assemblea è convocata a Londra per il 28 settembre 1864.
Per celebrare questa assemblea (che passerà alla storia, ma gli organizzatori non possono nemmeno immaginarlo) si sceglie una sala nella zona operaia di Londra: la St. Martin's Hall, in un edificio eretto nel 1850, una sala abitualmente utilizzata per assemblee sindacali e politiche.

 

  1. Un invitato tedesco alla St. Martin's Hall

 

La partecipazione dei lavoratori è talmente massiccia che la sala li contiene a malapena. La presidenza è tenuta dal filosofo Beesly. Sono presenti operai di varie parti d'Europa (in particolare rifugiati politici italiani, ungheresi, polacchi, irlandesi) ma le delegazioni più numerose sono quelle dei due gruppi promotori: i tradunionisti (cioè i membri delle Trade unions, i sindacati) inglesi, guidati da George Odger, calzolaio, e da William Cremer, carpentiere; e i francesi, alla cui testa sono Henri Luis Tolain, cesellatore, e Ernest Fribourg, incisore.
Partecipano poi vari esuli tedeschi e tra loro Karl Marx, che è accompagnato da Johann Georg Eccarius, sarto, ex dirigente della Lega dei Comunisti (l'organizzazione per cui Marx ed Engels avevano scritto nel 1847-1848 il celebre Manifesto).
Circolano da decenni due leggende a proposito di questa storica assemblea: una vuole che Marx avrebbe dominato l'assemblea fondativa (in qualche didascalia di immagini riferite ad altri momenti lo si fa tenere un discorso il 28 settembre); in altre ricostruzioni (specie di matrice anarchica) si dice che capitò lì quasi per caso.
Non è vera né l'una né l'altra cosa. Non fu Marx a organizzare il 28 settembre e non tenne alcun discorso: al contrario, rimase in silenzioso ascolto. Ma non per questo la sua presenza fu casuale: l'esplicito invito gli era giunto dagli organizzatori perché il suo nome era già molto noto tra gli operai d'avanguardia, non per le sue opere, ancora scarsamente diffuse, né per il Capitale, cui stava lavorando (e che uscirà solo nel 1867), ma per la sua attività politica e giornalistica.
E' per questi motivi che quando l'assemblea, dopo aver deciso di dare vita a una "unione internazionale" (il nome rimane per il momento indefinito), elegge un comitato provvisorio incaricato di dirigere i primi passi dell'organizzazione e redigere il programma e lo statuto, Marx è chiamato a farne parte. Non solo: viste le sue conosciute capacità ed esperienza, è inserito anche nella commissione ristretta eletta in seno al comitato o Consiglio centrale (dal 1866 si chiamerà Consiglio generale). Quest'ultimo organismo è composto di 31 membri: tra loro Odger è eletto presidente, Cremer segretario, mentre Marx svolge per il momento solo il ruolo di responsabile per la Germania.
Marx non è dunque il "fondatore" dell'Ail, come talvolta si ripete, d'altra parte la sua partecipazione a quello che inizialmente appare come un esperimento è spiegata da Marx stesso come un fatto non certo accidentale. In varie lettere di quei mesi (4) Marx insiste su un punto: questa nuova organizzazione differisce profondamente da tanti altri tentativi analoghi degli anni precedenti, da cui Marx si era tenuto a debita distanza (con l'eccezione della partecipazione alla Lega dei Giusti-Lega dei Comunisti, che rimase comunque una organizzazione di proporzioni ben minori della successiva Ail, non superando mai i 250 membri). Per Marx la differenza essenziale tra l'Ail e precedenti strutture come la Società universale dei comunisti rivoluzionari, la London Democratic Society diretta da Harney e Bronterre O'Brien (ispirata dalle posizioni di Buonarrotti), i Fraternal Democrats, e tante altre, sta in due elementi congiunti: nell'Ail sono presenti i dirigenti reali del movimento operaio (inglese e francese soprattutto); e il progetto non nasce dal sogno di qualche intellettuale filantropico ma scaturisce dalle lotte concrete, economiche e politiche, degli operai.
Il che non significa, s'intende, che l'Ail nasca come internazionale "socialista" già perfetta come Venere uscì da una conchiglia. Negli stessi discorsi che vengono pronunciati quel 28 settembre alla St. Martin's Hall il socialismo non fa quasi mai capolino. C'è il concetto di unione di classe e di lotta: ma è interpretato diversamente a seconda dell'oratore. Gli inglesi pensano soprattutto all'aspetto sindacale della lotta, i francesi rimasticano i concetti di Proudhon, padre dell'anarchismo e di un socialismo piccolo-borghese, non rivoluzionario.
Il socialismo rivoluzionario deve ancora essere portato nell'Ail. E' appunto questo il compito che Marx si prefigge e a cui dedicherà anni di appassionata lotta politica. Peraltro è questo che contraddistingue il vero Marx, che è estraneo all'immagine di comodo che ne è stata data per decenni (con la legittimazione, purtroppo, anche della sopravvalutata biografia di Franz Mehring - 5) di un Marx "economista" o comunque periodicamente dedito a lunghi periodi di ritiro filosofico. Al contrario, la teoria fu per Marx sempre e soltanto funzionale all'azione rivoluzionaria. Se guardiamo a tutta la biografia di Marx, non vi è un periodo in cui non si occupò di politica per dedicarsi al solo studio. E la conferma maggiore ci viene proprio dall'analisi di questi anni che vanno dalla fondazione dell'Ail al suo declino, cioè dal 1864 al 1872: sono in parte gli anni di gestazione del Capitale (il Primo libro uscirà nel 1867), eppure Marx si butta a capofitto nella lotta politica quotidiana. Di più: tra i motivi del ritardo nell'elaborazione del Capitale c'è, oltre alla ossessione di Marx per leggere ogni testo possibile su un tema prima di completare anche solo un singolo paragrafo, proprio l'attività politica frenetica svolta al ritmo di decine di riunioni, la scrittura di infinite lettere, risoluzioni. In Marx il lavoro di ricerca teorica e il lavoro pratico sono sempre strettamente intrecciati. Molti elementi e osservazioni che fanno da sfondo al Capitale sono tratti dall'esperienza politica di Marx; così come le conclusioni cui via via giunge nella sua opera più importante si riflettono nell'azione politica: si pensi alla famosa conferenza che Marx tiene per il Consiglio generale dell'Ail nel giugno 1865 per spiegare i meccanismi dell'economia capitalistica e per confutare le ingenuità e gli errori di altri dirigenti operai: gli assi di questo testo sono il frutto dello studio fatto per il Capitale, che diventano elemento di battaglia politica (la conferenza sarà poi racchiusa nell'opuscolo noto col titolo di Salario, prezzo e profitto in cui molti concetti del Capitale vengono popolarizzati).

 

  1. La delimitazione programmatica

 

Alla riunione del Comitato provvisorio del 12 ottobre 1864 è approvata la proposta di Eccarius di denominare la nuova organizzazione Associazione Internazionale dei lavoratori. Nel frattempo la commissione incaricata di redigere le bozze si riunisce varie volte ma Marx, malato, non vi può partecipare.
L'inglese John Weston (su posizioni vicine a quelle del socialista utopista Owen) redige una prima bozza di "dichiarazione di principi" e il maggiore Wolff (che vari anni dopo si scoprì essere una spia al soldo tanto dei prussiani come di Napoleone III), uomo molto vicino a Mazzini (6), ha preparato una proposta di statuti. Si tratta di testi politicamente molto deboli, intrisi di sentimentalismo, ed Eccarius raccomanda a Marx di non mancare la successiva riunione della commissione in cui Eccarius stesso, spalleggiato da Cremer e da Odger, propone che sia affidato a Marx l'incarico di "rivedere" queste prime bozze.
In realtà Marx cestina i due testi e ne riscrive di nuovi, limitandosi a mantenere qualche aggettivo innocuo, per non urtare gli estensori delle bozze. E' Marx a raccontare così a Engels: "Tutte le mie proposte furono accettate dal sottocomitato. Solo, venni obbligato a inserire nel preambolo dello statuto due frasi su 'duty' e 'right' e così pure su 'truth morality and justice', che però sono così collocate da non poter arrecare alcun danno." (7).
E' in questo modo che Marx scrive quel testo al contempo sintetico e tagliente che è l'Indirizzo inaugurale. Un testo che, pur più moderato nella forma del Manifesto del '48 (e anche più breve), contiene tutti i principi fondamentali del Manifesto. L'Indirizzo descrive (in modo brillante anche dal punto di vista letterario) la condizione degli operai nella società divisa in classi; rivendica l'importanza che il proletariato faccia pesare il suo numero organizzandosi e dotandosi di un programma adeguato; critica di passata i limiti riformisti del proudhonismo; rivendica l'importanza che gli operai si interessino non solo della lotta sindacale ma anche della lotta politica e in particolare della politica internazionale. (8) Gli stessi concetti sono nel preambolo politico agli statuti. Si tratta di concepire l'Ail come lo strumento per guadagnare le avanguardie operaie alla comprensione che l'unico modo per liberarsi dallo sfruttamento capitalistico è abbattere la società divisa in classi attraverso una rivoluzione in cui il proletariato conquisti il potere. Ogni lotta parziale ha senso solo in questa prospettiva.
In altre parole, Marx fin dal primo giorno impegna nell'Ail una battaglia che ha per obiettivo quello di delimitare programmaticamente l'internazionale e per questo non fa nessuna concessione programmatica (se non qualche aggettivo innocuo). Questa constatazione si impone con evidenza a chiunque si prenda la briga di studiare la storia dell'Ail e dunque risulta infondata la teoria che accredita Marx come sostenitore di un "partito unico" della classe operaia, non delimitato programmaticamente, senza distinzione tra riformisti e rivoluzionari. Citare il fatto che nell'Ail convivessero mazziniani, anarchici, lassalliani, proudhoniani ecc. come riprova di una concezione "unitarista" di Marx significa ignorare deliberatamente la battaglia che Marx fece in quegli anni e di cui si trova ampia testimonianza nei testi innumerevoli che scrisse per l'Ail.
Certo, il percorso di delimitazione ideologica passava per la sconfitta di tutte le altre correnti e non fu cosa né semplice né breve. Il risultato non poteva essere conseguito in un solo giorno: si trattava di battere politicamente le tendenze politiche che dominavano l'Ail. Non deve infatti trarre in inganno il fatto che l'Indirizzo scritto da Marx venisse approvato all'unanimità: si trattava di una accettazione prevalentemente passiva: nel 1864 la conquista di questi operai e dell'intera internazionale al marxismo era appena cominciata.

 

  1. Marx alla conquista dell'internazionale

 

Marx si getta a capofitto in questa impresa. E' convinto di avere finalmente un ambito in cui raccogliere le migliori avanguardie di lotta e fondere la lotta e il socialismo scientifico. Ben presto Marx, che inizialmente era rimasto in silenzio, e che poi si era guadagnato l'incarico di scrivere i testi fondativi, diventa il principale dirigente di fatto del Consiglio. Come scrive in una lettera a Engels: "A parte il lavoro per il mio libro [il Capitale, ndr] l'Ail mi prende un mucchio di tempo, dato che io sono nei fatti alla testa di questa cosa." (9)
Ed è vero: il Consiglio si riunisce, dal giorno della fondazione (1864) fino al Congresso dell'Aja (1872), ben 385 volte. A parte le riunioni, Marx è responsabile, come abbiamo visto, per la Germania e, dal 1870, anche per la Russia. Ma il suo lavoro è molto più ampio e per questo intrattiene una corrispondenza quotidiana con le sezioni di decine di Paesi; scrive la gran parte dei testi ufficiali dell'Ail; organizza le riunioni internazionali, che si svolgono con cadenza annuale, pur partecipando, dopo la fondazione, solo alla Conferenza di Londra del 1871 e al Congresso dell'Aja del 1872, cosa che viene in genere segnalata dai sostenitori del "Marx filosofo" come prova di quel preteso disinteresse (di cui si è detto) di Marx per la politica quotidiana. 
In questo lavoro incessante Marx non trova, almeno per i primi anni, nemmeno il sostegno diretto di Engels che è ancora costretto a vivere a Manchester per assicurarsi (con l'azienda di famiglia) i denari necessari a mantenere Marx e a finanziare il movimento. Solo dal 1869, Engels finalmente potrà smettere con l'odiato lavoro e si trasferirà a Londra assumendo il ruolo di fatto di segretario organizzativo dell'Ail, nonché facendosi assegnare la responsabilità per vari Paesi (Spagna, Italia e Danimarca).
E' impossibile delineare qui in modo compiuto ciascuna delle battaglie del marxismo contro le altre correnti, che costituiscono la storia stessa dell'Ail. Limitiamoci a elencarle: abbiamo la battaglia contro il democraticismo piccolo-borghese dei mazziniani; contro il lassallismo (10), che subordina la lotta operaia all'elettoralismo e alle manovre segrete con Bismarck; contro il mutualismo proudhoniano (su cui torneremo tra poco diffusamente); contro l'estremismo blanquista, nutrito di ricordi della Grande rivoluzione francese; contro il tradunionismo inglese, che concepisce la lotta nel solo ambito sindacale (mentre per Marx si tratta di andare oltre l'obiettivo di un "equo" salario, battendosi per la soppressione del sistema fondato sul lavoro salariato) e che sul piano politico si subordina alla democrazia radicale borghese (sostenendo ad esempio il proprio imperialismo contro la causa nazionale irlandese, di cui Marx fu invece sempre attivo sostenitore). L'ultima e più intensa battaglia di Marx nell'Ail sarà quella contro il bakunismo e sarà oggetto dell'ultima parte di questo saggio.

 

  1. La battaglia contro il proudhonismo

 

Delle tante battaglie combattute da Marx nell'Ail, quella contro il proudhonismo fu una delle più difficili.
Se la componente inglese dell'Ail era relativamente "apolitica" (cioè subalterna alla democrazia borghese), la componente francese arrivava impregnata delle posizioni di Pierre-Joseph Proudhon. Proudhon, operaio autodidatta, è considerato il "padre dell'anarchismo", per quanto l'anarchismo sviluppatosi successivamente e quello che conosciamo noi oggi sia maggiormente debitore alla variante "di sinistra" di Bakunin.
Il nocciolo delle teorizzazioni di Proudhon era l'ostilità contro ogni Stato. Proudhon voleva "abolire" lo Stato (e dunque era ostile anche alla dittatura del proletariato e a una economia pianificata centralmente), sostituendolo con "comuni" federate. Dal punto di vista del programma economico, Proudhon vagheggiava un'economia basata sulla piccola produzione, associata in cooperative finanziate da "banche del popolo" che elargissero un "credito gratuito". Suo modello era il "mutualismo", una mutua assistenza tra gli individui, sulla base di un contratto sociale, di là dalle classi di appartenenza. Non si trattava di "espropriare gli espropriatori" ma di riformare la circolazione delle merci e lo scambio; non rovesciare il capitalismo ma in qualche modo... aggirarlo.
Proudhon riadattava alcune delle concezioni di Max Stirner (autore nel 1845 de L'unico e la sua proprietà), uno dei giovani hegeliani del gruppo in cui spiccavano Feuerbach e Marx. Stirner era contro ogni forma di coercizione del singolo, per questo rifiutava lo Stato ma anche qualsiasi assemblea che deliberasse a maggioranza, ritenendo che il singolo non debba avere nessun vincolo. La liberazione dell'uomo era per Stirner non collettiva, non sociale: era una rivolta individuale. Queste posizioni furono bersagliate dal sarcasmo di Marx ed Engels ne L'ideologia tedesca.
Il proudhonismo riprendeva temi della filosofia di Stirner dando a essi una coloritura più sociale. Ed era in buona sostanza il riflesso di una fase in cui nella produzione predominava l'artigianato. Nel proudhonismo troviamo, miste a idee filantropiche, idee francamente reazionarie: come il rifiuto dell'educazione pubblica (l'educazione doveva dipendere dalla famiglia); la concezione della donna come subalterna all'uomo e inadatta al lavoro esterno all'ambito domestico; il ripudio del comunismo inteso come limitazione della libertà individuale; l'idea di una grande conciliazione universale tra gli uomini.
Già nel 1847, col suo La miseria della filosofia, Marx aveva distrutto la debole impalcatura teorica di Proudhon cogliendone l'essenza nel vano tentativo di porre rimedio ai mali del capitalismo riformandolo senza abolire con la rivoluzione la società divisa in classi.

Questo impasto di ideali utopistici e di pregiudizi reazionari predominava in Francia tra le avanguardie operaie. L'orientamento politico concreto del proudhonismo si rivelava nel Manifesto dei sessanta (tale era il numero dei firmatari) che nel febbraio 1864 (pochi mesi prima della nascita dell'Ail) raccolse le avanguardie operaie francesi attorno alla candidatura di Tolain alle elezioni. Il testo affermava che la classe operaia si doveva schierare a sostegno dell'opposizione liberale borghese e che l'elezione di propri rappresentanti diretti nelle istituzioni aveva il solo scopo di pungolare la borghesia, rafforzando così l'opposizione liberale.
Marx dovette fare i conti con queste posizioni nell'Ail e nei congressi queste posizioni furono infatti maggioritarie almeno fino al 1868, quando furono per la prima volta battute (è in quell'anno che il congresso dell'Ail si pronuncia per la prima volta esplicitamente a favore della proprietà collettiva dei mezzi di produzione), per poi essere definitivamente schiacciate l'anno dopo a Basilea.
Ma vediamo più da vicino il dibattito dei congressi dell'Ail.

 

  1. Da un congresso all'altro

 

L'attività preminente dell'Ail nella fase iniziale consisteva soprattutto nell'organizzare una concreta solidarietà tra le diverse lotte nei diversi Paesi, raccogliendo fondi e sostenendo casse di resistenza.
Come abbiamo visto, però, i temi politici (e la politica internazionale specialmente) facevano parte della vita dell'Ail fin dalla sua fondazione e, col passare degli anni, divennero parte costitutiva ed essenziale (si pensi anche soltanto all'intervento dell'Ail a sostegno della Comune di Parigi, tema su cui torneremo più avanti).
Dal 1864, anno della fondazione, l'Ail si riunì ogni anno in un congresso mondiale o, quando non fu possibile (a causa della repressione dei governi borghesi), in conferenze.
Nel settembre 1865 si tenne una conferenza a Londra. Il Consiglio annunciò che erano stati presi nuovi contatti per estendere l'Ail fuori dall'Europa: negli Stati Uniti (grazie alla presenza di emigrati tedeschi) e persino in Brasile ed Egitto. Negli anni seguenti le sezioni principali saranno comunque quelle di Gran Bretagna, Francia, Germania, Belgio, Svizzera. In seconda fila, dal punto di vista numerico, si collocavano le sezioni di Spagna, Polonia, Russia, Ungheria e Italia. Nel nostro Paese l'Ail nascerà in ritardo: la prima sezione effettiva si costituì infatti a Napoli nel gennaio 1869, promossa da un avvocato bakunista, Carlo Gambuzzi, e da un sarto anarchico, Stefano Caporusso (11).
I temi della conferenza del 1865 furono quello della religione (molto sentito dai proudhoniani): ma passò la decisione di rinviarlo al congresso dell'anno successivo; e i problemi pratici, di cassa: il tesoriere rivelò infatti che le casse dell'organizzazione erano vuote e restava appena il necessario per pagare la sede centrale.
Fu l'anno dopo, con il congresso che si tenne a Ginevra in settembre, che si registrarono significativi sviluppi e un ventaglio di nuovi temi in discussione. Nel giugno di quello stesso 1866 i membri inglesi dell'Ail avevano guidato le mobilitazioni imponenti con cui era stato imposto un relativo ampliamento del diritto di voto per gli operai (maschi e con la disponibilità di un certo reddito).
Il congresso registrò la costituzione di 25 sezioni nazionali, rappresentate da una sessantina di delegati. La prima parte del congresso fu animata dall'arrivo di un gruppo di giovani blanquisti francesi, guidati da Protot (futuro delegato alla Giustizia nella Comune del 1871) che, non condividendo la linea di Blanqui (12), che preferiva non entrare nell'Ail, cercarono di essere ammessi. Tuttavia, essendo sprovvisti di deleghe vennero messi alla porta.
Il dibattito sulla religione non portò a nessuna conclusione e venne quindi nuovamente aggiornato. Più importante fu invece il dibattito sullo sciopero: i proudhoniani erano ostili a questo mezzo di lotta, non necessario nelle loro ingenue idee cooperativistiche. Ma fu la posizione di Marx (assente ma rappresentato da Eccarius) favorevole alla lotta sindacale (coniugata con quella politica) a essere approvata.
Altro elemento di scontro fu la bizzarra proposta di Tolain, leader dei proudhoniani, che avrebbe voluto limitare l'adesione all'Ail (o perlomeno agli incarichi dirigenti) ai soli operai manuali. In questo caso furono gli operai inglesi che ‑ proprio citando l'esempio di Marx, che sarebbe stato escluso in virtù di questo precetto ‑ contrastarono la posizione "operaista" rifiutando una contrapposizione tra lavoratori manuali e intellettuali e più in generale tra proletari di differenti settori lavorativi.
Una volta giunti al voto passò la proposta degli inglesi per 25 voti contro 20 ma fu lasciata libertà alle sezioni di regolarsi liberamente e per questo la sezione francese, diretta dai proudhoniani, per tutto un primo periodo imporrà un reclutamento riservato agli operai (anche se, ironia della sorte, lo stesso Tolain dopo poco lascerà il lavoro manuale per diventare... un impiegato).
Infine il Congresso di Ginevra cambiò la denominazione del Consiglio centrale in Consiglio generale
Esattamente un anno dopo, nel settembre 1867, si tenne nuovamente un congresso, stavolta a Losanna (la prevalenza di congressi e conferenze in Svizzera era dovuta al fatto che qui la repressione era meno pesante).
A presiedere i lavori fu Eugene Pottier, che sarà pochi anni dopo uno dei dirigenti della Comune (nonché autore del testo dell'Internazionale). Anche questa volta Marx era assente ma le sue posizioni furono ben rappresentate dai delegati tedeschi.
Sui temi generali si confermava una maggioranza vicina alle tesi proudhoniane (credito gratuito, cooperative, ecc.). Lo scontro divampò tra Tolain e il marxista Eccarius sul tema della proprietà della terra: i proudhoniani erano ostili all'idea della collettivizzazione. Il tema venne rinviato.
Ma anche Marx segnò un punto: il congresso approvò una risoluzione che legava l'emancipazione sociale e quella politica (seppure con una formula piuttosto vaga). E Blanqui, che assisteva tra il pubblico, osservò in seguito che si trattava di un decisivo passo avanti contro il proudhonismo.
Infatti, commentando il congresso in una lettera a Engels Marx scrisse: "Al prossimo congresso di Bruxelles darò io personalmente il colpo di grazia a questi asini di proudhoniani." Poi, smentendo preventivamente chi oggi sostiene una concezione "ecumenica" del Marx della Prima Internazionale, confidò soddisfatto all'amico e compagno: nonostante lassalliani, mazziniani, tradunionisti, proudhoniani e "ogni altra sorta di asini e stupidi (Marx non era mai molto diplomatico, ndr), siamo (cioè Marx ed Engels e dunque, diciamo così, la frazione marxista, ndr) vicini ad avere in mano l'Ail". (13)
Il biennio 1867-1868 si contraddistinse per una nuova grande ondata di scioperi e di lotte operaie in Francia e Inghilterra. Gli operai parigini del bronzo vennero sostenuti (febbraio 1867) dalla cassa di resistenza alimentata dagli operai londinesi; un'altra cassa di resistenza internazionale andò a sostenere la lotta dei minatori belgi.
L'Ail svolgeva un ruolo importantissimo di unione delle lotte. Ovunque iniziasse uno sciopero l'Ail inviava propri militanti per esprimere la solidarietà e costituire nuclei dell'organizzazione. La stampa borghese iniziò a favoleggiare, scandalizzata, sui presunti (e purtroppo inesistenti, come abbiamo visto) tesori che l'Ail avrebbe utilizzato per sobillare gli operai.
Il 1868 si aprì con un giro di vite della repressione di Napoleone III: la prima fila delle sezioni francesi dell'Ail finì in galera. Ciò, come commentano Marx ed Engels nel loro carteggio privato, aveva indirettamente anche un effetto... positivo. Nasceva infatti un nuovo gruppo dirigente francese che rapidamente sostituiva quello più esplicitamente legato al proudhonismo. Tra i nuovi dirigenti, maggiormente influenzabili dalle posizioni di Marx, spiccava Eugene Varlin, che sarà tre anni dopo la figura più importante della Comune di Parigi (14).
Il congresso si tenne anche quell'anno a settembre, stavolta a Bruxelles, con un centinaio di delegati.
I francesi, guidati da Tolain (nel frattempo scarcerato), ma con anche la partecipazione su posizioni distinte di Varlin, avanzarono i loro cavalli di battaglia: l'ostilità all'istruzione pubblica e il rifiuto dell'obiettivo della collettivizzazione. Ma furono battuti: passò la tesi a favore dell'insegnamento obbligatorio gratuito (e senza ingerenza religiosa) e il concetto della collettivizzazione di trasporti, strade e miniere (seppure con formulazioni vaghe).
Fu al congresso dell'anno successivo, settembre 1869, a Basilea, che finalmente la questione della socializzazione dei mezzi di produzione venne posta al centro del dibattito e fu approvata la posizione marxiana favorevole all'abolizione della proprietà privata della terra, per 54 voti contro 3 e 13 astensioni.
Al congresso parteciparono i socialisti tedeschi guidati da Liebknecht, i belgi con alla testa Cesar de Paepe, gli inglesi con Lucraft, una delegazione dagli Stati Uniti e, per la prima volta, anche Bakunin (con delega dall'Italia).
Il rivoluzionario russo era reduce da anni di galera e confino in Siberia. Era stato proprio Marx (che sperava di servirsene contro i mazziniani in Italia) a incoraggiarlo a partecipare. Ma Bakunin avanzò a Basilea delle strambe idee sulla "abolizione" del diritto di eredità. I delegati vicini a Marx le contrastarono, spiegando che l'abolizione dell'eredità sarebbe stata un effetto della conquista del potere, non la premessa. Ma la posizione di Bakunin fu approvata a maggioranza, col sostegno dei proudhoniani.
Dal settembre 1868 Bakunin aveva fondato a Ginevra la Alleanza internazionale della democrazia socialista che intendeva usare come frazione nell'Ail.
E' da questo momento che Marx ed Engels percepirono il pericolo costituito da questa nuova variante di anarchismo che stava nascendo. In una lettera dell'11 febbraio 1870 Engels scrive a Marx: "Bisogna tenerli d'occhio quei tipi [gli uomini di Bakunin, ndr] perché non occupino il terreno in qualche posto senza incontrare alcuna resistenza." (15)
Il 1870 fu il primo anno senza congresso né conferenza, a causa della guerra che era scoppiata tra la Prussia e la Francia. Nel settembre di quell'anno a Parigi era nata una Repubblica borghese e pochi mesi dopo (il 18 marzo 1871) gli operai parigini la rovesciavano prendendo il potere.
La Comune di Parigi costituì un autentico spartiacque nella Prima Internazionale. Ci fu un prima e un dopo. E in realtà, per essere precisi, la Comune costituì un prima e un dopo in tutta la storia del movimento operaio, aprendo una fase nuova che culminerà con la rivoluzione russa del 1917. Ma prima di occuparci, seppur brevemente, della Comune, può essere interessante chiudere questo capitolo sui congressi dell'Ail cercando di quantificare la presenza organizzata dell'internazionale.
Il grosso degli aderenti all'Ail era composto da artigiani e operai del settore tessile: pochi erano gli operai nell'industria pesante. Ciò corrispondeva ovviamente al livello di sviluppo industriale di quegli anni. Ma quanti erano i membri dell'Ail?
A giudicare dalla stampa borghese dell'epoca l'Ail era un'organizzazione di massa: il Times di Londra arrivò a parlare (alla fine del 1871, all'epoca della "caccia alle streghe" ingenerata dalla Comune) di oltre due milioni di aderenti. Ma le cose non stavano così. L'Ail non fu mai una organizzazione di massa, pur avendo in certe fasi una influenza di massa.
Rispetto ai numeri precisi non disponiamo di informazioni certe e in ogni studio sull'Ail si trovano ipotesi numeriche differenti. Ciò è dovuto anche al fatto che spesso si fa confusione tra adesioni collettive (a volte dopo uno sciopero aderivano alcune migliaia di operai, per magari "uscire" poco dopo) e adesioni individuali di membri paganti una quota ed effettivamente attivi come militanti dell'Ail. Tanto per fare un esempio: l'Unione dei calzolai inglesi risultava aderire con ben cinquemila membri all'Ail: ma in tutto pagava 5 sterline l'anno di quote.
Le stime più attendibili calcolano per la Gran Bretagna fino a una punta di 50 mila adesioni collettive (comunque meno di un decimo degli operai sindacalizzati, se si considera che gli iscritti alle Trade Unions erano 800 mila) che in termini di adesioni individuali significavano in ogni caso non più di 250 militanti; per la Germania si ragiona sui 400 militanti; 500 per gli Usa (16). Per quanto riguarda la Francia le adesioni collettive arrivarono anche a 20 mila, ma non si superarono probabilmente mai i 1500 militanti effettivi (secondo altri autori nemmeno il tetto dei mille fu mai superato). Assumendo per buoni i calcoli fatti dalla storiografia più recente, i militanti effettivi (e non quelli che aderivano inconsapevolmente insieme al proprio sindacato) non superarono mai qualche migliaio in tutto il mondo: i più ottimisti si spingono a parlare di diecimila, cifra dimezzata da altri e noi propendiamo per questa seconda ipotesi suffragata da un numero maggiore di studi.

 

  1. Lo spartiacque della Comune di Parigi

 

Su un numero precedente di questa rivista abbiamo dedicato un ampio saggio alla Comune di Parigi del 1871 (17). Per evidenti ragioni di spazio a esso (e alla vasta bibliografia lì contenuta) rimandiamo il lettore, limitandoci qui a riepilogare alcuni fatti determinanti per lo sviluppo del nostro studio.
La Comune fu secondo la definizione di Marx "un punto di partenza storica universale" (18). Scrivendo queste parole in una lettera Marx non poteva immaginare come effettivamente la Comune di Parigi avrebbe mutato tutto il corso storico, essendo anche la fonte maggiore di ispirazione dei bolscevichi di Lenin e Trotsky che proprio studiando a fondo la Comune si prepararono all'Ottobre 1917. Basterebbe ricordare che le "lettere da lontano" con cui Lenin riorientò il suo partito dopo il febbraio 1917, così come anche il libro Stato e rivoluzione (che uscirà subito dopo la presa del potere ma che fu scritto nel corso degli avvenimenti e riassume tutto l'orientamento leniniano) sono letteralmente imbevuti dell'esperienza della Comune. Non esagerava dunque Trotsky nello scrivere (in Le lezioni dell'Ottobre) che senza lo studio della Comune "non avremmo mai guidato la rivoluzione."
Ma gli effetti della Comune si fecero sentire anche in tempi più brevi: fu proprio in base all'esperienza pratica degli operai parigini che l'intero movimento rivoluzionario internazionale fu in grado di acquisire alcuni insegnamenti fondamentali che Marx ed Engels seppero enucleare e su cui svilupparono la loro battaglia negli ultimi anni dell'Ail e in particolare nella Conferenza di Londra, che è di pochi mesi successiva alla Comune (settembre 1871) e nel Congresso dell'Aja dell'anno seguente.
Il principale insegnamento che la Comune offriva ai proletari in tutto il mondo era quello della necessità che la classe operaia conducesse un'azione politica indipendente volta al rovesciamento per via rivoluzionaria ("rompendo" lo Stato borghese) del dominio capitalistico; che sulle macerie dello Stato borghese i rivoluzionari edificassero un loro dominio (la dittatura del proletariato). Ma soprattutto la Comune insegnava che senza un partito rivoluzionario (o meglio, come dimostriamo nel nostro saggio citato, disponendo solo di un embrione di partito rivoluzionario, il Comitato Centrale dei Venti circondari; dato che certo la Comune checché ne dicano gli anarchici di ogni tempo non fu certamente un fatto "spontaneo") questo compito gigantesco di emancipazione umana non era (e non è) possibile.
L'Ail e le sue sezioni in Francia non furono quel partito. Certo l'Ail partecipò in prima fila a tutto il processo rivoluzionario: dall'elaborazione degli Indirizzi (scritti da Marx) sulla guerra franco-prussiana, guerra che ebbe la funzione di detonatore della rivoluzione, contrapponendo la classe operaia armata alle borghesie di Francia e Prussia unite contro gli operai (nonostante la guerra); passando per il sostegno convinto fornito ai comunardi dopo l'insurrezione del 18 marzo 1871 e alle indicazioni e ai suggerimenti preziosi che Marx fornì ai dirigenti della Comune a lui più vicini; fino alla battaglia che l'Ail, con Marx alla testa, combatté per contrastare la repressione e la tempesta di calunnie che la borghesia internazionale scatenò contro quegli operai che, per la prima volta nella storia, avevano osato rovesciare il suo dominio e avevano preso nelle proprie mani (seppure solo per poche settimane) tutto il potere.
Ma se la sezione francese ebbe un ruolo importante (la gran parte dei dirigenti comunardi apparteneva all'Ail), le posizioni dei marxisti effettivi erano in estrema minoranza in Francia. C'erano due dirigenti inviati direttamente da Marx a Parigi: Serraillier e Elisabeth Dmitrieff (che fondò e diresse l'Unione delle donne - si veda in merito il saggio di Laura Sguazzabia in altre pagine di questo stesso numero); e c'erano poi altri tre-quattro quadri in stretto rapporto con il grande rivoluzionario tedesco: tra loro l'operaio di origine ungherese Leo Frankel (che diresse la commissione Lavoro della Comune) e il grande Eugene Varlin, principale dirigente dell'Ail dopo il declino del gruppo di Tolain (quest'ultimo nel frattempo, eletto all'Assemblea nazionale, si schierò con la borghesia contro la Comune, non rinunciando al suo seggio parlamentare tra gli assassini della Comune; e fu per questo espulso dalla sezione francese e poi anche dall'Ail).
Varlin svolgerà un ruolo centrale nella Comune. Oltre a essere “ministro” della Comune (prima alle Finanze poi alla Sussistenza), sarà eletto nel Comitato Centrale della Guardia Nazionale (che guiderà il 18 marzo a occupare Place Vendome), ispirerà la Sezione dell’Ail, dirigerà il lavoro della Camera sindacale, sarà tra i capi di un embrione di partito rivoluzionario, denominato Delegazione dei Venti circondari (circondari erano i quartieri o arrondissements in cui è divisa Parigi)
Ma Varlin non era marxista, anche se, di provenienza proudhoniana, evolveva sempre più verso concezioni marxiste. Egli vedeva nella classe operaia il soggetto rivoluzionario (e già questo lo distanziava da Bakunin, che cercò invano di guadagnarlo alla sua corrente). Da delegato alle Finanze Varlin si scontrò con i proudhoniani sull'atteggiamento da tenere nei confronti della Banca Nazionale di cui (seguendo in questo Marx) avrebbe voluto che la Comune si impadronisse.
Se ci fosse stato più tempo, se la Comune non fosse stata strangolata rapidamente dalla borghesia, con ogni probabilità un partito ispirato alle posizioni di Marx, un partito rivoluzionario d'avanguardia, avrebbe potuto costruirsi e rafforzarsi. Ciò avrebbe evitato i numerosi errori esiziali commessi dai comunardi (19).
Ma così non fu. La Comune venne soffocata nel sangue dalla barbara vendetta borghese. Eugene Varlin, identificato e denunciato da un prete, fu fucilato a Montmartre il 28 maggio 1871, dopo essere stato l'ultimo comandante delle barricate operaie.
Ma se la Comune fu sconfitta, il suo sacrificio non risultò inutile. La grande lezione che ne veniva fu imbracciata da Marx ed Engels per dare l'ultimo colpo agli avversari del comunismo rivoluzionario. E' così che l'Ail si avviò al suo declino.

 

  1. Il declino dell'Ail: la Conferenza di Londra

 

La necessità che il proletariato agisca nella piena indipendenza di classe dalla borghesia e dai suoi governi, come condizione indispensabile per guadagnare le masse, nel corso delle lotte, alla costruzione di un governo "degli operai per gli operai": ecco il più grande tra gli insegnamenti della Comune, fatto proprio e inverato dai bolscevichi nel 1917. Non a caso la rimozione di questa lezione storica è alla base di tutte le teorie riformiste dell'ultimo secolo e mezzo ed è stata ripresa dallo stalinismo (negazione del marxismo e del bolscevismo) che ha reintrodotto nel movimento operaio il morbo della collaborazione di classe e di governo con la borghesia (dando infine vita ai "fronti popolari" a partire dalla metà degli anni Trenta).
La dittatura del proletariato fu solo potenziale nella Comune; così come solo embrionale fu il "soviet" della Comune (il Comitato Centrale della Guardia Nazionale), cioè l'organismo di lotta delle masse; così come fu solo abbozzato il partito che agiva in quel "soviet" per conquistarlo a posizioni autenticamente rivoluzionarie. Sta qui tutta la differenza tra la Comune del 1871 e la Comune di Pietrogrado del 1917 in cui operò e trionfò il Partito bolscevico.
Tocchiamo qui superficialmente temi molto importanti per i quali ancora una volta rimandiamo per un necessario approfondimento al già citato nostro saggio sulla Comune. E lo facciamo per riprendere il filo del discorso: il declino dell'Ail iniziò infatti con la sconfitta della Comune. Perché proprio la Comune rendeva evidente la necessità di andare oltre la Prima Internazionale.
Fu questo l'obiettivo che Marx indicò nella prima conferenza dopo la Comune, che si tenne a Londra nel settembre 1871.
Qui, dopo aver chiuso i conti con gran parte delle tendenze riformiste e centriste presenti nell'Ail, fu la volta di affrontare Bakunin e gli anarchici, che la Comune aveva rivelato in tutta la loro miseria politica (ostilità a estendere il potere centrale della Comune a tutta la Francia, costituendo una autentica dittatura proletaria; rifiuto di costruire il partito centralizzato della classe operaia).
Alla Conferenza di Londra (che si tenne nel salotto di casa Marx) parteciparono 22 delegati (e ogni tanto facevano capolino le figlie di Marx, tutte militanti di grandi capacità).
Due sono i punti centrali che emersero da questa conferenza in cui Marx dominava completamente la scena: primo, si dichiarò inammissibile l'esistenza nell'internazionale di società con propri programmi distinti da quelli dell'Ail; secondo si approvò una risoluzione (risoluzione numero IX) che stabiliva la necessità dell'azione politica della classe operaia. La classe operaia, si afferma nelle risoluzioni, può agire come classe solo costituendosi in partito politico contrapposto a tutte le altre formazioni politiche: un partito per il potere operaio. Questo concetto sarà inserito come articolo (articolo 7a) negli statuti che saranno rinnovati l'anno dopo al Congresso dell'Aja.
Bakunin era evidentemente il bersaglio di queste due affermazioni di principio: l'incompatibilità di programmi fondamentalmente differenti all'interno della stessa organizzazione (il riferimento è alla frazione segreta con cui Bakunin agiva nell'Ail); e la definizione dell'obiettivo di fondo dell'internazionale: il partito rivoluzionario per la conquista del potere.
Per Marx non vi erano ormai più dubbi: la sua vecchia conoscenza Bakunin era l'avversario politico da sconfiggere. Non vi era combinazione possibile nella stessa organizzazione tra marxismo e anarchismo. La battaglia per la delimitazione programmatica dell'Ail era arrivata al suo punto culminante.

 

  1. Marxismo contro anarchismo

 

Dovendo schematicamente riassumere le differenze di fondo tra marxismo e anarchismo (bakuniano) faremmo un elenco di questo tipo: primo, per gli anarchici lo Stato è fonte di ogni male (già Proudhon, in qualche modo progenitore moderato di Bakunin, affermava che "il governo dell'uomo sull'uomo è la schiavitù") (20); secondo, per gli anarchici l'avversione allo Stato non coinvolge il solo Stato borghese ma anche lo Stato-Comune, cioè lo Stato operaio; terzo, questa differenza strategica si riflette nel rifiuto degli anarchici della politica per la conquista del potere; quarto, rifiutando ogni potere e la centralizzazione che ne discende, gli anarchici rifiutano il partito d'avanguardia, centralizzato, disciplinato, operaio (per Bakunin il soggetto rivoluzionario era "la canaglia", cioè il sotto-proletariato).
Vi sono tra le varie matrici e le relative filiazioni anarchiche differenze non secondarie. Stirner affermava una filosofia individualista che Proudhon rifiutava. Bakunin riprendeva elementi di Proudhon ma certo non la moderazione anti-rivoluzionaria né le fantasie sulla società costruita sulla base di cooperative. Così pure l'anarchismo di Bakunin (e dei suoi discepoli meno rozzi), a differenza di quanto abitualmente si dice banalizzando, non era "contro ogni organizzazione": rifiutava piuttosto l'organizzazione centralistica (affermando, per usare i termini successivi di Malatesta, che "il centro è dappertutto"). Bakunin preferiva definirsi "collettivista" in quanto il comunismo incarnava per lui una ideologia "autoritaria" e per questo pericolosa.
Ciò che accomuna le varie tendenze anarchiche di ogni tempo è, nel rifiuto di uno Stato degli operai (transizione verso il socialismo e il comunismo), il disprezzo per una economia pianificata. Il che porta ogni tipo di anarchismo, in definitiva, a ricadere in utopie reazionarie pre-capitalistiche.
Bakunin attingeva selettivamente alle teorie di Proudhon ma lo faceva senza curarsi di edificare una propria teoria coerente. Anche il suo testo più compiuto (cioè Stato e anarchia) non contiene nessun tentativo di analisi scientifica della società. Impietosamente ma senza esagerazioni Engels definì così le concezioni di Bakunin: "uno zibaldone di proudhonismo e di comunismo, in cui prima di tutto l'essenziale è che egli non considera come male principale da eliminarsi il capitale, e quindi il contrasto di classe tra capitalisti e operai salariati sorto dalla evoluzione della società, ma lo Stato." Così, mentre per i marxisti lo Stato è uno strumento della classe dominante, per Bakunin è il vero nemico, sopprimendo il quale "il capitale se ne andrà al diavolo da solo" (la sintesi è sempre di Engels).
Engels ironizza sulla futura società sognata da Bakunin: "Come faranno costoro a far marciare una fabbrica e le ferrovie, a comandare un bastimento, senza una volontà che decida in ultima istanza, senza direzione unitaria: questo, naturalmente, non ce lo dicono." E' il sogno reazionario in cui il singolo prevale sulla società e ogni comunità è autonoma rispetto alle altre: ma come si possa costituire una comunità (cioè l'unione di più singoli) senza un potere centrale è un mistero, conclude Engels. (21)
Di qui l'idea di Bakunin che anche l'internazionale dovesse essere organizzata in questo modo: senza un centro dirigente (per quanto nella pratica l'Alleanza anarchica fosse edificata attorno al suo "papa" Bakunin).
Marx, che conosceva Bakunin fin dal 1844 (si incontrarono per la prima volta a Parigi; poi si frequentarono a Bruxelles a metà anni Quaranta e infine si rincontrarono a Londra negli anni dell'Ail), è ancora più duro nel suo giudizio ma non meno efficace: "Il suo programma [di Bakunin, ndr] era un pasticcio messo assieme superficialmente da destra e da sinistra, eguaglianza delle classi (!), abolizione del diritto di eredità, come punto di partenza del movimento socialista (sciocchezza sansimoniana): ateismo come dogma imposto ai membri ecc. e, come dogma principale (proudhonianamente), astensione dal movimento politico." (22)

 

  1. 1872, l'Aja: la fine di un "accordo ingenuo"

 

A centocinquanta anni dalla fondazione dell'Ail e a circa centoquaranta anni dalla sua morte ancora si è costretti a leggere in tanti libri e articoli interpretazioni fantasiose sui motivi della fine della Prima Internazionale. In realtà, come vedremo tra poco e se ha un senso quanto abbiamo fin qui ricostruito, non vi è nessun mistero nello scioglimento dell'Ail e non c'entrano presunti scontri di personalità tra Marx e Bakunin o altri psicologismi simili.
Lo scioglimento avviene, nei fatti, anche se non nella forma, al congresso che si tenne nel settembre 1872 all'Aja: un anno e mezzo dopo la fine della Comune di Parigi.
Il congresso fece proprie le decisioni della Conferenza di Londra dell'anno precedente: delimitazione programmatica e dunque rifiuto di frazioni interne animate da un diverso programma; scopo strategico la costruzione di un partito per la conquista rivoluzionaria del potere politico.
E' a partire da questi chiari confini programmatici che lo scontro con Bakunin divenne inevitabile e inevitabilmente non ammise compromessi di sorta.
Al congresso parteciparono tutte le sezioni, salvo gli italiani che, riunitisi a Rimini nell'agosto precedente, avevano deciso di boicottarlo, schierandosi con Bakunin contro il Consiglio (parteciperà come osservatore solo il dirigente italiano Carlo Cafiero, che fino a poco prima Engels si era illuso di guadagnare alla battaglia contro Bakunin).
I delegati furono 64, e tra loro Marx ed Engels che certo non potevano mancare in questa occasione. Mancava invece Bakunin, malato.
La tensione era enorme: Marx non riuscì a dormire per tutta la durata del congresso (così come anni dopo capitò a Lenin in un altro congresso di capitale importanza che si concluse con una scissione funzionale alla delimitazione programmatica: il II Congresso del Posdr del 1903 in cui nasceva il bolscevismo contro il menscevismo).
I primi tre giorni del congresso furono assorbiti dall'esame delle deleghe: essendoci aria di rottura determinare chi aveva diritto di voto era la prima cosa da farsi.
La maggioranza dei delegati tedeschi, austriaci e francesi (in gran parte esuli blanquisti della Comune) si schierò con Marx. Totalmente dalla parte di Bakunin erano solo un paio di svizzeri (tra cui Guillaume, braccio destro del rivoluzionario russo) e quattro spagnoli (la Spagna era tutta con Bakunin, così come l'Italia, ad eccezione di un gruppo di Torino). Divisi tra bakunisti e marxisti erano invece belgi e olandesi. Gli inglesi si schierarono in parte con Bakunin, pur non condividendo le teorie anarchiche, solo perché diversi tra loro si stavano allontanando dall'Ail in seguito alle posizioni assunte dall'Internazionale sulla Comune: Odger, di fatto con Tolain il promotore dell'Ail nel 1864, come Tolain si schierò contro la Comune, cioè con la borghesia.
Finita l'attribuzione delle deleghe, il congresso ratificò le conclusioni della Conferenza di Londra: azione politica della classe operaia (assunto come articolo dello statuto); ruolo direttivo del Consiglio e struttura centralista (in contrapposizione ai bakunisti che proponevano di trasformare il Consiglio in un mero centro di corrispondenza).
Ma il punto più delicato del congresso fu la commissione d'inchiesta che Marx aveva richiesto per indagare sulla frazione segreta costituita da Bakunin e su presunte malversazioni di quest'ultimo. Per disporre di prove da usare contro Bakunin, prima dell'Aja Marx aveva spedito in Spagna il dirigente politico (nonché genero) Paul Lafargue. Questi, approfittando della sua origine cubana e parlando lo spagnolo, si era introdotto nell'Alleanza di Bakunin col nome di Pablo Farga. Qui aveva trovato le prove inconfutabili dell'esistenza della frazione segreta e aveva portato all'Aja vari documenti interni e gli statuti segreti dell'organizzazione nell'organizzazione costruita da Bakunin.
La Commissione d'inchiesta esaminò questi documenti, ascoltò come testimoni d'accusa prima Engels e poi Marx. Infine (anche sulla base di alcune "forzature" di Marx che accusò Bakunin di condotta moralmente disdicevole) la Commissione propose l'espulsione dall'Ail di Bakunin e di Guillaume. Il congresso approvò a larga maggioranza.
Su tutta questa vicenda si è ricamato molto. Anche Franz Mehring, nella sua celebre biografia di Marx (23) si dilunga sul tema, quasi come se non capisse che il punto importante non è in base a quali elementi di prova Bakunin fu espulso: la rottura avvenne per l'incompatibilità programmatica tra marxismo e anarchismo. Un fossato divideva queste due correnti: e tutta la storia successiva, fino ai giorni nostri, lo ha sufficientemente provato.
La Prima Internazionale esplose come un frutto troppo maturo, quasi marcio: era stata la Comune a produrre questo effetto. Non restava ormai che avviare la conclusione di quest'esperienza. Per questo, pur sorprendendo vari delegati, a un certo punto Engels si alzò e propose al congresso di spostare il centro dell'Ail a New York. La proposta venne accolta male anche da molti che fino a quel momento si erano schierati con Marx contro Bakunin. Non capivano il senso di quella mossa a sorpresa. La mozione di Engels fu approvata di misura, con 26 voti a favore, 23 contro e 9 astenuti.
Da un certo punto di vista lo spostamento non era poi una cosa così assurda come alcuni ritengono: tutto sommato negli Usa l'Ail disponeva di una sezione relativamente forte, diretta prevalentemente da emigrati tedeschi molto vicini politicamente a Marx. Eppure si tratta di una scelta che non può essere compresa interamente se non si ha chiaro che l'intento di Marx ed Engels era avviare, senza troppo clamore, l'Ail verso una rapida estinzione. Infatti l'atto di morte formale sarà certificato nel 1876, con la Conferenza di Filadelfia: ma nel mezzo non vi saranno più conferenze né congressi. (24)
Come dicevamo, ancora ferve il dibattito e a così grande distanza ci si affanna a cercare interpretazioni di questa decisione di Marx. Sorvolando sulle banalità di chi scrive che l'intento di Marx era semplicemente quello di togliersi di mezzo un impegno per avere più tempo da dedicare agli studi (quando Marx, lo abbiamo già osservato, non concepì mai l'impegno teorico come slegato dalla lotta politica); abbondano le tesi di vari studiosi che concordano nel definire il Congresso dell'Aja come una "vittoria di Pirro" di Marx, nel senso che questi avrebbe sconfitto Bakunin ma si sarebbe poi trovato privo dell'internazionale.
La realtà è ben più semplice e richiede per essere compresa solo un poco di attenzione a quanto Marx ed Engels stessi hanno chiarito in svariati testi. Il testo più chiaro e inequivocabile è una lettera di Engels a Sorge (dirigente tedesco emigrato negli Usa dove dirigerà l'Ail negli ultimi anni dopo l'Aja): "Il primo grande successo [la Comune, ndr] doveva far saltare questo accordo ingenuo di tutte le frazioni [che era l'internazionale, ndr] (...) Io credo che la prossima internazionale ‑ dopo che i libri di Marx avranno esercitato la loro influenza per alcuni anni ‑ sarà puramente comunista e propagherà direttamente i nostri principi." (25)
E' tutto spiegato in poche righe: l'esperienza fondamentale della Comune consentiva di portare a termine il lavoro che Marx aveva iniziato dal primo giorno del suo ingresso nell'Ail: la delimitazione programmatica per eliminare politicamente le correnti riformiste e centriste. Al contempo gli insegnamenti della Comune e i successi raggiunti dall'Ail che aveva esteso a mezzo mondo i contatti di Marx ed Engels rendevano possibile realizzare ora compiti più elevati per i quali l'Ail risultava ormai inadeguata. Negli otto anni dal 1864 al 1872 il marxismo aveva seminato: i frutti andavano ora raccolti e investiti in una nuova fase, superiore: nella costruzione di una nuova internazionale "puramente comunista" e delle sue sezioni in ogni Paesi. Aufhebung, per dirla con Hegel: e cioè soppressione (negazione) e mantenimento attraverso una elevazione che supera e invera la cosa negata.
Lo stalinismo (specie nel momento in cui si apprestava, negli anni Quaranta, a sciogliere l'Internazionale comunista) sostenne la tesi per cui l'Ail moriva necessariamente per fare spazio a partiti nazionali (come se Marx fosse stato una sorta di precursore delle "vie nazionali al socialismo" di staliniana memoria). E' una tesi completamente falsa: in realtà, al contrario, i partiti nazionali poterono nascere perché l'Ail aveva preparato il terreno; ma lo stesso sviluppo di questi partiti necessitava di una internazionale, però di tipo diverso rispetto all'Ail e alla sua unione "ingenua di tutte le frazioni" del movimento operaio. Dividere il movimento operaio per poterlo riunire contro la borghesia: ecco cosa era necessario e nella diversa fase che la Comune aveva aperto era possibile fare. C'era la necessità ‑ e ora dopo anni di lotta politica anche la possibilità ‑ di costruire una internazionale e partiti delimitati programmaticamente, "puramente comunisti", cioè marxisti. Solo pochi anni prima questo compito (che pure Marx aveva chiaro fin dall'inizio) non poteva essere assolto. Ora poteva perlomeno essere tentato. Negli anni seguenti, la fondazione della Seconda Internazionale fu appunto un tentativo in questo senso. La fine ingloriosa di quella internazionale (con il voto ai "crediti di guerra" il 4 agosto 1914) non sminuisce per niente l'importanza di quel tentativo e il salto in avanti che esso significò per preparare la strada a quei partiti "puramente comunisti" che, a differenza di quanto auspicavano Marx ed Engels, nasceranno dopo altri anni di dure battaglie, per costruirsi finalmente attorno alla successiva internazionale, la Terza. Ma questa, come direbbe Kipling, è un'altra storia, che proveremo a raccontare nelle prossime puntate.

 

 

Note

 

Avvertenza: in queste note si troveranno solo le indicazioni bibliografiche minime. Per una bibliografia sulla Prima Internazionale rimandiamo alla rubrica Razzolare tra i libri nella parte finale di questo numero della rivista.

(1) Pubblicato su La Verité (9 marzo 1934) e su The Militant (31 marzo 1934) col titolo "Per la Quarta Internazionale".

(2) D. B. Rjazanov, Alle origini della Prima Internazionale, ed. Lotta Comunista, 2007.

(3) Il testo integrale si può leggere a p. 60 e sgg. di Rjazanov, op. cit.

(4) Si vedano in particolare la lettera di Marx a Engels del 4 novembre 1864, la lettera a Weydemeyer del 29 novembre 1864 e quella a Kugelmann dello stesso giorno. Le lettere di Marx ed Engels sono state pubblicate in italiano negli anni Cinquanta per le edizioni Rinascita, poi ripubblicate come Carteggio Marx-Engels, Editori Riuniti, 1972; negli ultimi anni le edizioni di Lotta Comunista hanno pubblicato (con anche inediti e nuovi apparati di note) le lettere degli anni Settanta e Ottanta dei due fondatori del socialismo scientifico.

(5) F. Mehring, Karl Marx, di recente (2012) ristampata per i tipi di Shake editore. Ad esempio nel libro di Mehring non è chiaro perché Marx ed Engels furono chiamati, dalla Lega dei Comunisti, a scrivere il Manifesto. Sembra quasi la richiesta fatta a due luminari: mentre, come ha dimostrato Rjazanov, ciò fu dovuto all'intenso lavoro politico di Marx nei primi anni Quaranta, che ebbe un ruolo decisivo nella costruzione del gruppo che poi diede vita alla Lega dei Comunisti.

(6) Mazzini non partecipò direttamente all'Ail. Di più: con il crescere dell'influenza di Marx nell'internazionale cresceva la distanza che separava Marx e Mazzini: quest'ultimo, democratico piccolo-borghese e anticomunista, rifiutava la lotta di classe e non a caso fu "equidistante" tra la Comune operaia del 1871 e la borghesia che la rovesciò nel sangue.

(7) Si veda la lettera di Marx a Engels del 4 novembre 1864, in Carteggio Marx-Engels, ed. Rinascita, 1951, vol. IV, p. 244.

(8) L'Indirizzo è riportato integralmente nella raccolta di testi (in due volumi) curata da G. M. Bravo: La Prima Internazionale, vol. I, p. 121 e sgg.

(9) Lettera di Marx a Engels, 13 marzo 1865 (vedi nota 4).

(10) Con riferimento a Ferdinand Lassalle (1825-1864), tra i protagonisti della rivoluzione del 1848, padre del socialismo moderato e riformista tedesco. Nel 1863 fondò la Associazione generale degli operai tedeschi: vedeva nella lotta per il suffragio universale l'obiettivo politico e la formazione di associazioni operaie di produzione sovvenzionate dallo Stato il cuore del programma economico. L'Associazione, fortemente subalterna al bismarckismo, rimase fuori dall'Ail. Lassalle peraltro morì nell'agosto 1864 (in un duello per motivi sentimentali), dunque poco prima della nascita dell'Ail. In Germania la sua Associazione (diretta dopo la sua morte da Von Schweitzer) aveva come rivale la Unione delle associazioni operaie, diretta da Liebknecht (intellettuale) e da Bebel (operaio), con i quali Marx entrò in contatto guadagnandoli alle proprie posizioni. Il gruppo di Bebel e Liebknecht diede vita nell'agosto 1869, ad Eisenach, al Partito operaio socialdemocratico, conquistando alcuni settori lassalliani; nel maggio 1875 (nel Congresso di Gotha, cui Marx dedicherà la famosa Critica al Programma di Gotha, rimasta come testo interno e pubblicata solo una quindicina di anni dopo) si fondono con quanto resta dei settori di provenienza lassalliana. Engels giudicò che quella fusione portava già in sé "i germi della scissione" (vedi lettera a Bebel, 12 ottobre 1875). Nacque così quello che diventerà negli anni seguenti il più importante partito della Seconda Internazionale: il Partito operaio socialista tedesco (che dal 1890 cambierà nome in Partito socialdemocratico tedesco, cioè Spd).

(11) Sulla nascita dell'Ail in Italia si rimanda alla relazione di Domenico Demarco pubblicata col titolo "La fondation de la Première Internationale a Naples: 1869-1870" a p. 285 e sgg. di: Aa.Vv., La première Internationale: l'institution, l'implantation, le rayonnement, Paris 16-18 novembre 1964 (atti del seminario internazionale svoltosi a Parigi nel 1964, per il centesimo anniversario della nascita dell'Ail).

(12) Auguste Blanqui (1805-1881; da cui il termine "blanquisti" per designarne i sostenitori). Fu un grande rivoluzionario che passò oltre metà della sua vita in carcere (anche durante la Comune era imprigionato, per questo non poté parteciparvi). Blanqui era, secondo la definizione di Engels (che pure lo stimava), "un rivoluzionario di una stagione precedente". Imbevuto dei miti della rivoluzione francese, e in particolare di Hebert capo della Comune del 1793, riduceva la rivoluzione all'insurrezione di una élite (considerando gli operai incapaci di liberarsi culturalmente nel capitalismo) e riduceva l'insurrezione alla barricate. Il concetto di "dittatura del proletariato" in Marx deve molto alla concezione di Blanqui (anche se ovviamente Marx gli diede un segno differente), così come il leninismo deve molto (pur avendoli sviluppati in forma completamente nuova) ai principi blanquisti di "direzione" e "centralismo". La socialdemocrazia e lo stalinismo hanno svalutato (falsificandola) la figura gigantesca di Blanqui che viceversa Marx, che pure ne era molto lontano politicamente, non esitava a definire "testa e cuore del proletariato francese".

(13) Lettera di Marx a Engels, 11 settembre 1867 (vedi nota 4).

(14) Su Eugene Varlin si veda il nostro "La Comune di Parigi (1871): premessa della Comune di Pietrogrado (1917)", in Trotskismo Oggi, n. 1.

(15) Lettera di Engels a Marx, 11 febbraio 1870 (vedi nota 4).

(16) La stima è riportata in K. McLellan, Karl Marx, Rizzoli, 1976, p. 390 e sgg.

(17) Si veda F. Ricci, cit.

(18) Lettera di Marx a Kugelmann, 17 aprile 1871, in K. Marx, Lettere a Kugelmann, Editori Riuniti, 1976, p. 166.

(19) Non abbiamo modo qui di tornare sugli errori della Comune nell'interpretazione che ne fecero Marx ed Engels, prima, e Lenin e Trotsky poi. Rimandiamo nuovamente al nostro saggio (vedi nota. 14) che propone anche, sulla base di nuovi materiali, una interpretazione critica dell'analisi della Comune fatta dai marxisti dell'Ottocento e della prima parte del Novecento.

(20) La posizione degli anarchici è ben riassunta nella Risoluzione del Congresso di Saint-Imier del settembre 1872: "Ogni potere politico è una fonte di sicura depravazione per coloro che governano e una causa di servaggio per coloro che sono governati." (cit. in G. Haupt, L'Internazionale socialista dalla Comune a Lenin, Einaudi, 1978, p. 278).

(21) Lettera di Engels a Cuno, 24 gennaio 1872 (vedi nota 4).

(22) Lettera di Marx a Bolte, 29 novembre 1871 (vedi nota 4).

(23) F. Mehring, Karl Marx, Shake editore, 2012.

(24) Non includiamo qui i congressi degli anarchici, di fatto fuori dall'Ail. Essi si riunirono a Saint-Imier nel settembre 1872 (dove respinsero i deliberati dell'Aja), poi a Ginevra nel 1873, a Bruxelles nel 1874, a Berna nel 1875, a Vervies nel 1877. Poi, con lo sviluppo del marxismo, la loro influenza (peraltro ampia "soltanto" in Spagna e Italia) declinerà, restando forti nel Novecento solo in Spagna (con quali conseguenze disastrose per la rivoluzione spagnola è noto). La riemersione oggi di tardivi nipotini di Bakunin in vari Paesi è il frutto, ahinoi, dello spazio lasciato libero dalla crisi del riformismo, spazio che i rivoluzionari non sono ancora riusciti a occupare.

Quanto a Bakunin, ritiratosi dalla vita politica nel 1874, morirà un paio di anni dopo.

(25) Lettera di Engels a Sorge, 12 settembre 1874, in Marx ed Engels, Lettere 1874-1879, ed. Lotta Comunista, 2006, p. 35.

 

 

 

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