Partito di Alternativa Comunista

Economia mondiale: una nuova primavera?

Economia mondiale: una nuova primavera?
I GERMOGLI SONO GIÀ APPASSITI
 
di Alberto Madoglio
 
Da diverso tempo ormai, politici, economisti e giornalisti borghesi, si lasciano andare a rosee previsioni riguardo le sorti future dell’economia mondiale, arrivando a parlare dello sbocciare di “germogli verdi” che segnalerebbero l’arrivo di una “primavera” per l’economia, dopo due anni di quella che verrà ricordata come la peggior crisi globale dal 1945 ad oggi.
 
LE SPERANZE…
Queste previsioni si basano su alcuni dati: una ripresa dell’euforia dei mercati finanziari; una forte crescita degli utili di alcune banche che fino a poco tempo fa sembravano sull’orlo della bancarotta; un aumento del Pil di alcuni Paesi fondamentali per gli equilibri mondiali come Germania, Francia e Giappone; segnali positivi provenienti anche dalle economie imperialiste più deboli come quella italiana (col cosiddetto Superindice indicato in rialzo nell’ultimo periodo e considerato come un segnale positivo per l’economia).
Se è vero che al momento pare essere superata la fase più critica della crisi globale, possiamo affermare di trovarci davanti ad una piccola svolta congiunturale, piuttosto che ad una ripresa strutturale di lungo periodo dei mercati e dell’economia mondiale.
L’exploit di borsa, rispetto ai minimi della scorsa primavera, a detta di molti deriva da una ripresa della speculazione su vasta scala, con buona pace di chi sosteneva che questa crisi avrebbe avuto come risultato quello di rendere i mercati azionari più controllati rispetto all’orgia ultraliberista degli ultimi anni.
I segnali positivi del Pil e della produzione sono stati favoriti da politiche di stimolo fiscale (che come conseguenza stanno già provocando un’esplosione del debito pubblico di paesi un tempo virtuosi come la Germania) e da una normale ricostituzione delle scorte di magazzino, in vista di una futura ripesa dei consumi.
 
… E LA REALTA’
E qui veniamo al tasto dolente.
Ultimamente sono usciti dati shockanti relativi alla disoccupazione.
Nel 2010 l’Ocse prevede 29 milioni di disoccupati nei paesi membri dell’organizzazione.
Negli Usa si continuano a perdere centinaia di migliaia di posti di lavoro e in Italia, nel secondo trimestre dell’anno, c’è stata la maggior perdita di lavoro dal 1994 (proprio in questo periodo l’Inps ha affermato che da aprile 2008 le richieste di assegni di disoccupazione sono aumentate di un milione di unità, mentre la Cig è aumentata di oltre il 200%).
Si tratta comunque di cifre che devono essere corrette al rialzo, in quanto in queste statistiche non sono inclusi coloro i quali rinunciano a cercare un’occupazione, certi che non la troveranno, e coloro i quali, pur accontentandosi di occupazioni temporanee (di pochi giorni o addirittura di poche ore al mese), risultano impiegati a tutti gli effetti.
Per occupati (1) e disoccupati il futuro è sempre più a tinte fosche.
I deficit di bilancio e i debiti pubblici saliti alle stelle, grazie ad una operazione di “socializzazione delle perdite“ subite dalle varie borghesie nazionali, verranno sanati a spese delle classi subalterne.
I salari dei lavoratori nei diversi Paesi, che già negli ultimi anni erano stati ridotti all’osso, verranno ulteriormente colpiti.
In questo campo l’Italia sta dando il buon esempio. Il nuovo modello contrattuale siglato da Governo, Confindustria, Cisl e Uil, è un esempio concreto del fatto che per la borghesia, il suo esecutivo e le burocrazie sindacali, i lavoratori dovranno accollarsi il prezzo della crisi.
La firma della Cgil in calce al contratto degli alimentaristi, figlio di quell’accordo, è la prova di come questo sindacato sia già pronto a capitolare per l’ennesima volta, e del fatto che le “bellicose” dichiarazioni di Epifani di qualche tempo fa, fossero solo il preludio all’ennesimo tradimento degli interessi che quel sindacato, ormai privo anche del senso del ridicolo, afferma di voler tutelare.
Il welfare state segue lo stesso percorso: in ogni Paese si parla di tagli alla scuola pubblica, alla sanità e alle pensioni.
Particolarmente pesante rischia di essere la situazione per i lavoratori americani.
Il welfare aziendale, in voga nel Paese, fa ormai acqua da tutte le parti. GM, Ford e Chrysler, le tre maggiori case automobilistiche americane, hanno ricevuto aiuti statali a patto di ridurre i contributi a favore dei fondi pensioni e sanitari dei dipendenti.
Inoltre, ai tagli allo stato sociale previsti dal governo federale si aggiungono quelli dei singoli stati e città.
Questi, a causa di una norma approvata agli inizio della reaganomics, non possono avere un bilancio in deficit.
Una metropoli come Chigaco è stata costretta a chiudere tutti i servizi pubblici per un giorno intero per cercare di evitare la bancarotta: in simili condizioni si trovano la California e New York, città simbolo del capitalismo.
Tutta una serie di dichiarazioni enfatiche e propagandistiche fatte nei vari vertici succedutisi negli ultimi mesi (G20, G2, G8 ecc.) sono rimaste lettera morta: nell’ultimo anno i membri del G20, mentre rilasciavano comunicati congiunti sulle magnifiche sorti del libero mercato, adottavano misure “sfacciatamente protezionistiche”(2). Anche l’ultimo incontro di questo consesso si è rivelato un fallimento, a riprova di come gli interessi delle varie potenze mondiali in ultima istanza siano inconciliabili.
 
UNA NUOVA LOCOMOTIVA PER L’ECONOMIA MONDIALE?
Altrettanto velleitarie sono le aspettative riguardo la nascita di una nuova locomotiva dell’economia mondiale, da molti individuata nella Cina. Anche in questo caso, la realtà smentisce ogni enfatica previsione al riguardo.
Se è vero che Pechino anche nel 2009 riuscirà ad avere una crescita del Pil di circa l’8%, la situazione dell’Impero di Mezzo è meno rosea di quel che sembra.
Le statiche ufficiali parlano di un tasso di disoccupazione al 4%, ma secondo fonti più attendibili dovrebbe arrivare al 20. Importazioni ed esportazioni segnano un calo percentuale a due cifre. Su 6 milioni di nuovi laureati, la metà è senza lavoro. Dei 600 miliardi di euro stanziati dal governo per risollevare l’economia, il 40% è andato a gonfiare ulteriormente le bolle immobiliare, creditizia e di borsa.
Infine nessuno è riuscito a spiegare in maniera convincente come un’economia dipendente dalle esportazioni al 40%, che insieme all’India consuma un quinto di quanto facciano gli Usa, che paga gli operai in media 160 euro al mese, possa di colpo trasformasi nel mercato che assorbe tutta la produzione mondiale.(3)
 
LA CRISI VERRA’ RISOLTA DALLA LOTTA DI CLASSE
La verità è un’altra. Come affermato del direttore del Fmi, la crisi deve ancora finire, anzi l’esponenziale aumento della disoccupazione rischia di provocare vere e proprie “esplosioni sociali”.
Concordiamo: sarà la lotta di classe che determinerà le sorti di questa nuova depressione mondiale.
Da parte nostra faremo il possibile perché finalmente il suo prezzo venga pagato dalle classi dominanti
 
 
(1) A parità di potere d’acquisto, il salario medio dei lavoratori italiani è di oltre il 10% sotto la media UE. La Stampa del 28/09/09
(2) “La Cina l’America e la guerra dei dazi” di G. Visetti. Affari e Finanze del 21/09/09
(3) “Cina, un esercito di disoccupati in fuga verso le campagne” di G Visetti. Repubblica del 12/08/09
“Cinesi, consumate di più” di S. Roach., Milano e Finanze del 19/09/2009 (Estratto dal libro The next Asia)
 

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