Partito di Alternativa Comunista

A proposito della dittatura capitalista di Cuba Polemica con Scr-Imt

A proposito della dittatura capitalista di Cuba

Polemica con Scr-Imt, ovvero dell'importanza di chiamarsi trotskisti

 

 

 

di Francesco Ricci

 

 

Come era prevedibile, davanti alle manifestazioni popolari a Cuba contro il regime castrista di Diaz-Canel che sono iniziate la scorsa estate, la maggioranza delle organizzazioni riformiste e staliniste ha parlato di «complotto della Cia» e si è schierata a difesa del regime. Meno normale dovrebbe essere invece che si siano schierate dalla parte del regime anche organizzazioni che si definiscono «trotskiste». Tra queste spicca Scr (Sinistra Classe Rivoluzione) e la sua internazionale, la Imt (International Marxist Tendency).
Ci sembra utile sviluppare una polemica politica con questa posizione. È questo un modo per rendere più chiare le differenze programmatiche di fondo tra gli unici due partiti in Italia che al contempo rivendicano il trotskismo e sono parte di organizzazioni internazionali. A causa del comune richiamo al «trotskismo», capita che dei compagni ci chiedano quali sono le differenze tra Pdac-Lit e Scr-Imt. Fedeli a un metodo (purtroppo poco praticato) che è quello di polemizzare su basi politiche e non calunniose, e nel rispetto dell'impegno di compagni che militano in altre organizzazioni, proviamo a rispondere a questa domanda a partire dalla questione di Cuba.

 

Il mito di Cuba

Prima di arrivare a Scr, è bene tuttavia soffermarsi sulle posizioni su Cuba della maggioranza delle forze di sinistra.
Le organizzazioni a vario titolo facenti parte della sinistra riformista e stalinista continuano a presentare Cuba come uno Stato operaio o persino «socialista». Per alimentare questo equivoco utilizzano il fatto che Cuba è stata, con la rivoluzione che nel 1959 ha rovesciato il putrido regime di Batista, la prima rivoluzione vittoriosa in America Latina. La piccola isola che ha sfidato il gigante imperialista a pochi chilometri dalle sue coste.
Una storia eroica, che ha dimostrato la possibilità di vincere contro l'imperialismo e di resistere per molti anni ai suoi attacchi.
La figura eroica del Che Guevara (1); i giganteschi passi avanti fatti dalle masse grazie all'esproprio della borghesia e delle grandi imprese statunitensi sull'isola: tutte cose vere, nonostante questo Stato operaio nascesse già deformato, privo di organismi di tipo «sovietico» delle masse, guidato da una direzione piccolo-borghese (il Movimento 26 Luglio, solo in seguito diventato «comunista») orientata da una strategia non marxista (il «fuoco guerrigliero» guevarista). Una direzione che, dopo una contraddittoria prima stagione «internazionalista» (quella del Che), aderì alla politica stalinista della «coesistenza pacifica» con l'imperialismo, arrivando così a consigliare alle successive rivoluzioni di «non seguire la nostra strada», cioè di non espropriare la borghesia: come Fidel Castro suggerì alla rivoluzione sandinista del 1979.
Nonostante i limiti burocratici e l'adozione del programma del «socialismo in un solo Paese», indubbie furono le conquiste della rivoluzione e l'eroismo del proletariato cubano.
Ma questa storia è da molti anni una storia passata.

 

La realtà della restaurazione del capitalismo

Dopo la restaurazione del capitalismo in Cina (metà degli anni Settanta), in Urss (metà degli anni Ottanta) e in tutti gli Stati operai in cui la borghesia era stata espropriata, anche a Cuba il capitalismo fu restaurato, dalla metà degli anni Novanta, per mano della burocrazia stalinista (castrista), convertitasi da parassita dello Stato operaio in agente diretto della restaurazione e in nuova borghesia.
Non è interesse di coloro che difendono una inesistente Cuba «socialista» dimostrare coi fatti la propria definizione: è più comodo ricorrere a un mito, quello dell'ultimo socialismo rimasto e definire «amico dell'imperialismo» chi non è disposto ad accettare questa loro definizione.
Ma questa deformazione della realtà è accreditata anche da organizzazioni che pure si richiamano al trotskismo. È bizzarro perché anche a Cuba si è confermata proprio la previsione avanzata da Trotsky nel Programma di transizione: o il proletariato riuscirà a rovesciare la burocrazia o la burocrazia, presto o tardi, sarà l'agente della restaurazione del capitalismo.
In nome del «socialismo» e col prestigio della rivoluzione, la burocrazia castrista ha infatti smantellato, pezzo per pezzo, lo Stato operaio.
In numerosi articoli della Lit-Quarta Internazionale abbiamo analizzato, con dati e numeri, questo processo. Per ragioni di spazio non torniamo qui sul tema. Basti qui segnalare che la conclusione di questo processo ha portato a distruggere i tre pilastri su cui, secondo l'analisi marxista, sviluppata da Trotsky, si regge uno Stato operaio: una economia pianificata centralmente, il monopolio statale del commercio estero, la proprietà statale dei principali mezzi di produzione e di scambio.
La «junta central de planificacion», che definiva cosa e quanto produrre, è stata sciolta. Lo Stato non ha più il monopolio del commercio estero, cioè importazioni ed esportazioni sono negoziate liberamente dalle imprese. E il regime difende e promuove relazioni di proprietà capitalistiche.
I dati dimostrano che tutti i settori chiave dell'economia cubana (turismo, canna da zucchero, tabacco) sono oggi in mano alle multinazionali, in particolare europee e canadesi, e sono subordinati alle leggi del profitto.
La burocrazia castrista, l'alta gerarchia delle Forze Armate, è socia minore delle multinazionali, essendosi convertita in una nuova borghesia nazionale e accumulando la sua parte di profitti in particolare attraverso il conglomerato economico Gaesa (2). Secondo stime della rivista Forbes, ad esempio, al momento della morte Fidel Castro possedeva una fortuna di oltre 900 milioni di dollari.

 

La doppia revisione dei centristi

Trotsky, riprendendo un concetto già impiegato da Lenin, definiva «centriste» quelle organizzazioni che oscillano tra riforme e rivoluzione: o meglio, che hanno posizioni prevalentemente riformiste ma coperte da una fraseologia rivoluzionaria.
In questo campo, probabilmente la forza principale che si richiama (solo formalmente) al trotskismo è oggi la Ft (Frazione Trotskista) e il partito attorno a cui si raggruppa, il Pts argentino, incamminato verso una deriva parlamentarista (che abbiamo analizzato in altri articoli) (3).
Il Pts è capofila tra coloro che, contro ogni evidenza, senza avanzare nessuna analisi, continuano a definire Cuba come «Stato operaio burocratizzato», in cui sarebbe in corso una restaurazione del capitalismo che... non si sarebbe ancora conclusa a trent'anni dall'inizio del processo.
In questa caratterizzazione di Cuba incontriamo una prima revisione del trotskismo: per definire la natura dello Stato cubano non si utilizzano i tre criteri, elencati più sopra, impiegati da Trotsky.
Ma il revisionismo non si manifesta solo a livello di analisi: l'analisi (sbagliata) si combina con conclusioni programmatiche opposte a quelle che Trotsky indicava per gli Stati operai burocratizzati.Per Trotsky, di fronte a uno Stato operaio burocratizzato, il programma è quello della rivoluzione politica: cioè di una rivoluzione che rovesci il regime burocratico per preservare le basi sociali della rivoluzione.
Al contrario, vediamo che i centristi, a partire da una definizione che è, ripetiamo, priva di fondamento, non cercano di sviluppare le lotte reali e attuali contro il regime in rivoluzione politica, aspettando una rivoluzione «pura» (è il caso della Ft-Pts); o addirittura non nominano la rivoluzione politica (è il caso della Imt-Scr). In entrambi i casi finiscono così per accodarsi al regime castrista. È quanto hanno fatto di fronte alle mobilitazioni popolari che dallo scorso luglio hanno scosso Cuba: la Imt in forma più marcata.

 

Le manifestazioni popolari a Cuba

Il regime di Diaz-Canel (presidente cubano e attuale dirigente del sedicente Partito Comunista cubano) ha reagito con una durissima repressione alle manifestazioni iniziate quest'estate. Ha fatto togliere la luce nei quartieri più combattivi; ha inviato squadracce; ha incarcerato centinaia di manifestanti, accusandoli di essere «agenti dell'imperialismo», quando tra loro vi sono militanti e intellettuali da sempre in lotta contro l'imperialismo.
La vera causa delle manifestazioni – come abbiamo documentato in altri articoli – non è un complotto dell'imperialismo ma il grado di miseria insopportabile a cui è ridotta la popolazione cubana. Una miseria che certo è accentuata dall'odioso bloqueo (embargo) imposto dagli Stati Uniti ma che è causata principalmente dalle durissime misure che il regime ha adottato per restaurare il capitalismo: un processo avviato negli anni Novanta e ormai concluso.
I manifestanti chiedono cibo, medicine, lavoro, in un Paese in cui il salario minimo equivale a circa 2 dollari al giorno, l'inflazione ha superato il 400% e tutte le conquiste della rivoluzione, già limitate dalla direzione burocratica, sono state ormai smantellate.
I lavoratori non hanno diritto nemmeno di scioperare contro le multinazionali che, in società col regime, li sfruttano. Così come non esistono diritti di nessun tipo per i lavoratori e lo sfruttamento capitalistico ha ulteriormente accentuato le stesse doppie oppressioni di donne e lgbt già operanti ai tempi dello Stato operaio deformato. Ad esempio le persone trans sono definite dal Codice penale portatrici di «un comportamento anti-sociale» e le loro manifestazioni vengono regolarmente represse. La prostituzione (incluso quella infantile) è tornata a fiorire sull'isola.

 

L'intervento dell'imperialismo e il ruolo dei rivoluzionari

Chiaramente l'imperialismo tenta di intervenire per usare strumentalmente le manifestazioni. Ciò avviene in particolare per la concorrenza tra l'imperialismo europeo e l'imperialismo statunitense, quest'ultimo mosso dall'esigenza di competere con i Paesi europei nel processo di ricolonizzazione dell'isola e dalle pressioni politiche della borghesia cubana esule a Miami (i «gusanos»).
I diversi attori in campo, imperialismo europeo, imperialismo americano (con la contesa interna tra Repubblicani, vicini ai «gusanos», e Democratici) e nuova borghesia sorta dalla burocrazia castrista non premono per restaurare il capitalismo per un semplice motivo: perché il capitalismo è già stato restaurato da decenni.
Peraltro se si applicasse il criterio per cui i rivoluzionari intervengono solo nei processi in cui sia assente questo o quel settore imperialista, bisognerebbe attendere il giorno del giudizio universale. In tutte le rivoluzioni del Novecento l'imperialismo ha cercato di intervenire: a partire dalla rivoluzione russa del 1917, quando gli anglo-francesi cercavano di volgere a loro vantaggio il rovesciamento a febbraio dello zar.
A Cuba il settore vincolato alla borghesia cubana di Miami e allo schieramento Repubblicano degli Stati Uniti ha orientato la formazione del Ctdc (Consejo para una Transicion Democratica en Cuba), che è intervenuto nelle manifestazioni rivendicando la restituzione delle loro proprietà espropriate dalla rivoluzione. Proprietà che furono nelle mani dello Stato operaio e che, dopo la restaurazione del capitalismo, sono state privatizzate a beneficio dell'imperialismo europeo, di cui la burocrazia è oggi socia minore attraverso Gaesa (che è diretta dai vertici militari).
Che devono fare i rivoluzionari in questa situazione? Come Lit abbiamo in primo luogo sostenuto le mobilitazioni popolari contro il regime capitalista di Cuba, al contempo rivendicando la necessità di una battaglia per una piena indipendenza da tutti i settori filo-imperialisti.
Ma il punto è che questa battaglia può essere fatta solo sostenendo e partecipando alle lotte popolari: non criticandole sdegnosamente da fuori in nome di una loro presunta «contaminazione».
Per i marxisti si tratta infatti di portare il socialismo nelle lotte effettivamente esistenti. A Cuba questo significa lottare per una nuova rivoluzione socialista che rovesci il regime, spezzi lo Stato borghese, armi il proletariato, espropri le multinazionali e la nuova borghesia cubana, dia vita a un nuovo Stato operaio (stavolta su basi sane) che funga da stimolo per altre rivoluzioni nel mondo. Chiaramente non si tratta di indicare questo obiettivo in astratto, ma utilizzando un programma transitorio che preveda la lotta contro i licenziamenti di massa, per rivendicazioni salariali, nazionalizzazioni sotto controllo operaio, eccetera.

 

La Imt-Scr e la riforma dello Stato cubano

La Imt (cioè in Italia Scr) avanza un'altra analisi e un altro programma.

Alla vigilia delle nuove manifestazioni del 15 novembre, soffocate dalla repressione del regime, in un articolo significativamente intitolato «Cuba e la provocazione reazionaria del 15 novembre: come difendere la rivoluzione?» (4) scrive: «la manifestazione (...) è chiaramente una provocazione reazionaria che serve gli interessi dell'imperialismo. (...) Gli organizzatori del corteo [vogliono] lanciare un processo che, sperano, porterà al rovesciamento della Rivoluzione cubana, alla restaurazione del capitalismo (...). Davanti a questa situazione, noi dobbiamo porci chiaramente e inequivocabilmente in difesa della Rivoluzione cubana.»
La dichiarazione cita una serie di organizzazioni (tra cui il Ctdc che abbiamo già nominato) per dimostrare il carattere reazionario delle manifestazioni. A conferma di un complotto imperialista citano persino l'uso strumentale che verrebbe fatto «dell'attivismo femminista e Lgbt». Invertendo così causa ed effetto e non dicendo una parola sull'oppressione che vivono le donne e le persone Lgbt a Cuba.
Certo la Imt riconosce che esiste un «rifiuto della burocrazia» ma la presenza di settori pro-imperialisti nelle manifestazioni li porta alla conclusione che il lato con cui schierarsi sia quello dei «rivoluzionari (...) scesi in piazza (...) su invito del presidente Diaz-Canel, in difesa della rivoluzione.»
In realtà le cronache non parlano di nessuna mobilitazione popolare in difesa del regime: piuttosto di squadracce e settori sotto-proletari armati dal regime per essere scagliati contro le manifestazioni.
Nulla di nuovo: è la stessa teoria che è stata per decenni ripetuta dagli stalinisti all'epoca in cui l'Urss era ancora uno Stato operaio (deformato): «le lotte delle masse contro il regime aiutano il nemico di classe». Un assurdo per dei trotskisti che è tanto più grottesco considerando che il nemico di classe è già al potere a Cuba.
Ma il peggio, come detto, non sta nell'analisi priva di fondamento. Il peggio sta nel programma: se l'analisi della Imt-Scr fosse giusta (cioè che a Cuba il capitalismo non è stato restaurato) e la nostra fosse sbagliata, mentre noi proponiamo una rivoluzione socialista per Cuba loro dovrebbero proporre una rivoluzione politica. Ed entrambi i tipi di rivoluzione non potrebbero partire dallo schierarsi con «i rivoluzionari»... chiamati in piazza dal regime. Invece la Imt scrive: «I Comitati di Difesa della Rivoluzione» (cioè gli strumenti del regime), «le organizzazioni già esistenti devono essere rimpolpate di contenuto» e combattere contro «l'incompetenza della burocrazia».
Per la Imt-Scr questa burocrazia sarebbe il quarto e ultimo dei problemi di Cuba (il primo è l'embargo, il secondo l'isolamento «dell'economia pianificata», il terzo la pandemia).
Insomma, nel programma della Imt-Scr non compare nemmeno l'obiettivo di una «rivoluzione politica», come dovrebbe discendere dalla loro (a nostro avviso errata) analisi di Cuba: piuttosto sembrano alludere a una riforma dello Stato che porti a instaurare «la vera democrazia operaia» e «più socialismo».
Nell'articolo «Proteste a Cuba: difendiamo la rivoluzione» (5) pur riconoscendo che le proteste hanno una base reale, si riprende la stessa analisi che fa il regime: la «componente dominante» sarebbe «controrivoluzionaria» e a essa avrebbero correttamente risposto «i rivoluzionari (...) invitati a scendere in piazza per difendere la rivoluzione» dal presidente Diaz-Canel. Che questa risposta «corretta» sia consistita in una brutale repressione dei manifestanti, non è contemplato in questa analisi.
Certo, si ammette che c'è disagio e «molti hanno anche critiche alla gestione del governo (...) ma al momento della verità sanno che devono scendere in piazza per difendere la rivoluzione».
Il ruolo di quella che per noi è la nuova borghesia sorta dalla burocrazia stalinista, e che nella analisi della Imt è ancora la burocrazia di uno Stato operaio, è ridotto all'uso di «metodi burocratici di gestione», «sprechi, inefficienza, negligenza.» La burocrazia difenderebbe la rivoluzione ma con metodi che «non sono adeguati e in molti casi sono controproducenti» (6).

 

La Imt-Scr sostiene una riforma della burocrazia

Questo stesso atteggiamento di pressione critica sul regime è espresso dalla Imt in un articolo in cui si analizza il recente congresso del Partito Comunista Cubano (7).
In questo articolo si tratteggia una immaginaria tensione tra la vecchia guardia del regime e i nuovi dirigenti. Si scrive che «la relazione di Raul Castro ha rispecchiato (...) una dura critica alla Commissione per l'Attuazione e lo Sviluppo» che ha condotto all'allontanamento dal Comitato Centrale di Murillo «considerato dalla stampa borghese internazionale lo "zar delle riforme"». Avrebbe prevalso cioè una opposizione a un presunto settore restaurazionista. Opposizione rappresentata da Raul Castro che «ha giustamente collegato la restaurazione capitalista con la distruzione delle conquiste della rivoluzione».
L'articolo è tutto un plauso di Raul Castro (cioè del capo-fila della restaurazione capitalistica), il quale avrebbe «difeso chiaramente il monopolio del commercio estero». E, in uno slancio dell'immaginazione, Raul Castro è paragonato al Lenin che durante il dibattito sulla Nep difese l'importanza del monopolio sul commercio estero...
Leggiamo: «Il discorso di Raul Castro all'VIII Congresso era chiaramente diretto contro quelli che volevano passi avanti rapidi verso la restaurazione del capitalismo, cosa che non possiamo che applaudire.»
Certo si ammette che le «riforme economiche finora applicate» vanno in direzione della restaurazione: ma, pare di capire, grazie all'ala diretta da Raul Castro «non così rapidamente come alcuni vorrebbero». Ci si spinge fino ad avanzare, dopo il plauso, una critica al regime: «la discussione sulla effettiva partecipazione dei lavoratori alla gestione dell'economia (...) è stata totalmente assente dalle discussioni ufficiali del Congresso del Pcc».
Ma senza essere sfiorati dal dubbio che questo avvenga appunto perché i vertici di quel partito sedicente comunista coincidono coi vertici della nuova borghesia cubana.
E ancora: «il rafforzamento del mercato a spese della pianificazione» procede: ma con una «dinamica indipendente dalla volontà soggettiva di chi applica le riforme».

 

La Imt-Scr e il castro-chavismo

La posizione della Imt-Scr su Cuba non stupisce chi conosce il sostegno che questa corrente ha dato per anni al regime bonapartista di Chavez nello Stato borghese venezuelano. La Imt si è contraddistinta infatti come una delle organizzazioni nel mondo che più acriticamente ha sostenuto il regime dell'ex colonnello Chavez (8), financo giurando, alla sua morte, di continuare sulla strada da lui indicata: «Noi piangiamo per Hugo Chavez ma non dobbiamo lasciare che le lacrime ci accechino. (...) Quando il cordoglio sarà finito, la lotta dovrà continuare. Chavez non si aspetterebbe nulla di meno. (...) Noi ci impegniamo a continuare e intensificare la lotta per difendere la rivoluzione bolivariana. (...) Hugo Chavez è morto prima di completare il grande progetto che si era prefissato: il compimento della rivoluzione socialista in Venezuela» (9).
Un impegno solenne esteso anche al «portare avanti la lotta per costruire questa Internazionale rivoluzionaria»: cioè la cosiddetta «Quinta Internazionale» di cui Chavez «proclamò la necessità urgente».
Dopo la morte di Chavez la Imt ha continuato a sostenere il regime, ora diretto da Maduro, anche se, di fronte alle nefandezze del «socialismo del XXI secolo» ha assunto un atteggiamento di critica del governo: ma solo nella misura in cui Maduro starebbe rinnegando «il grande spirito di confronto, apertura e libertà di critica nel movimento bolivariano che è stato una delle caratteristiche fondamentali del metodo di Hugo Chavez» (10).
Per questo continuano a riconoscersi in un «nocciolo duro chavista» che permarrebbe «leale alla rivoluzione bolivariana e alla lotta per il socialismo rappresentato da Chavez» (11).

 

Una concezione revisionista dello Stato (e non solo)

È importante sottolineare che con la Imt-Scr non siamo di fronte a errori di analisi della realtà attuale di Cuba e del Venezuela. C'è questo ma c'è molto di più. La loro analisi si fonda su una profonda revisione degli assi portanti della concezione marxista dello Stato.
Sullo Stato la Imt e Scr rovesciano nei fatti la concezione di Marx che Lenin ha sintetizzato in Stato e rivoluzione e che i bolscevichi hanno praticato nel 1917. Gli Stati, per Marx organi di oppressione di una classe sull'altra, diventano nella teoria della Imt, in certi casi, neutri; i governi, per Marx «comitati d'affari della borghesia», diventano nella teoria della Imt, in certi casi, condizionabili.
Per Lenin i comunisti non possono sostenere in nessuna forma, neppure criticamente, dei governi capitalisti, nazionali o locali che siano. Fu grazie a questa posizione di principio (che Marx aveva indicato come la lezione principale della Comune di Parigi del 1871) che i bolscevichi guadagnarono nel 1917 la maggioranza nei soviet alla necessità di rovesciare il governo «delle sinistre».
Questa stessa posizione programmatica fu poi codificata dalla Terza Internazionale nelle tesi dei suoi primi congressi: prima dell'avvento di Stalin che riportò nel movimento operaio la collaborazione coi governi borghesi, sotto la dicitura di «governi di fronte popolare».
Scr e la Imt riprendono la vecchia concezione anti-marxista dei «governi condizionabili dalle masse». Cioè, pur facendo opposizione ai governi borghesi «ordinari», sostengono la possibilità che, sotto la pressione delle masse, i governi borghesi «di sinistra» (cioè composti da partiti riformisti o che in ogni caso loro considerano riformisti) possano evolvere in una direzione progressiva.
Solo alla luce di questa teoria si spiega perché la sezione inglese della Imt si sia battuta fino a poco tempo fa per un governo del Labour Party (all'epoca diretto da Corbyn) «su un programma socialista» (12). Arrivando fino a proclamare questa come «la lotta della nostra vita: mobilitiamoci per la vittoria di Corbyn» (13).
Questa stessa teoria revisionista viene applicata nell'analizzare gli Stati borghesi di Paesi dipendenti come Cuba o il Venezuela, tema di questo articolo; o che ha portato Scr in Italia a teorizzare un «sostegno critico» alla giunta napoletana di De Magistris (14).
Non si può dire che queste posizioni della Imt e di Scr siano nuove nel movimento operaio. Al contrario: è proprio contro queste posizioni che è sorto e si è sviluppato il marxismo, a partire dalla feroce critica di Marx ed Engels al primo ingresso di esponenti riformisti in un governo borghese, nel febbraio 1848 in Francia. L'Internazionale Comunista, a sua volta, si è fondata sul principio cardine dell'indipendenza di classe dalla borghesia e dai suoi governi.
Per il marxismo nel capitalismo possono esistere solo governi e giunte borghesi; i governi neutri o «condizionabili» dalla dinamica o dalle masse sono pura fantasia. Per questo il principio della opposizione a qualsiasi governo nel capitalismo non è un principio astratto (non ce ne sono nel marxismo) ma è la premessa indispensabile per non seminare illusioni e riuscire a guadagnare i lavoratori alla lotta per un governo operaio, che potrà essere costruito solo dopo aver rovesciato per via rivoluzionaria il capitalismo.
Questa posizione revisionista sullo Stato si combina nella Imt-Scr con un rifiuto del partito d'avanguardia così come lo intendevano Marx e Lenin. Di questo tema ci siamo già occupati in un articolo di alcuni anni fa, a cui rimandiamo: «Le nostre differenze con Scr (e le differenze di Scr col marxismo)» (15).
Ci basti qui dire che la Imt e Scr hanno, su questo tema, una concezione che vede nei trotskisti un pungolo per l'evoluzione di presunti settori dirigenti progressivi dei partiti riformisti e i partiti riformisti sono visti come le organizzazioni «naturali» della classe. Di qui la norma di costruirsi con un entrismo permanente in essi (financo quando si sono già trasformati da decenni in organizzazioni puramente liberali, come è il caso del Labour Party britannico, che ora li sta espellendo). Unica eccezione ammessa è quando (come in Italia) non vi sia nessun partito in cui fare entrismo, per cui si passa alla costruzione esterna in attesa che emerga un partito in cui fare entrismo (fino a qualche anno fa Scr attendeva la costruzione di un «partito del lavoro» per mano... di Landini).
La revisione della teoria marxista dello Stato è il primo anello di questa catena stretta attorno al collo del marxismo. Il secondo anello è la revisione della teoria marxista del partito d'avanguardia. Il terzo anello è invece una lettura a dir poco meccanicistica e fatalistica della concezione materialistica della storia (16). Ma ci siamo già dilungati troppo e questo potrebbe essere il tema per un altro articolo di confronto tra le posizioni di Scr e le nostre.
Resta, a conclusione, una domanda: l'insieme di posizioni che abbiamo qui descritto può essere chiamato «trotskismo»? Ne dubitiamo e, per dirla parafrasando Oscar Wilde (17), non bisognerebbe trascurare l'importanza di essere trotskisti se ci si vuole chiamare trotskisti.

 

Note

(1) Su Che Guevara e la critica trotskista alla strategia guerrigliera, rimandiamo al nostro «Il Che: un rivoluzionario incorruttibile» www.partitodialternativacomunista.org/articoli/progetto-comunista/progetto-comunista-11/il-che-un-rivoluzionario-incorruttibile

(2) Gaesa (Grupo de Administracion Empresarial SA) è il consorzio imprenditoriale formato dai vertici delle Forze armate cubane. Lì si concentra la nuova borghesia cubana, dipendente dall'imperialismo, formatasi a partire dalla conversione della burocrazia castrista, che gestisce il regime. Utilizzando la Ley de Inversiones Extranjeras, degli anni Novanta, l'imperialismo, in particolare quello europeo e canadese, ha realizzato grandi investimenti a Cuba e controlla in particolare il settore del turismo avendo come socia minore, appunto Gaesa. Il presidente di questo consorzio di imprenditori cubani è Luis Alberto Rodriguez Lopez-Calleja, parente di Raul Castro e membro dell'Ufficio politico del Partito "comunista" cubano.

(3) In Italia non è presente una sezione della Ft: le sue posizioni sono comunque riprese dal blog La Voce delle lotte.

(4) L'articolo si può leggere in traduzione italiana a questo link www.rivoluzione.red/cuba-e-la-provocazione-reazionaria-del-15-novembre-come-difendere-la-rivoluzione/

(5) L'articolo integrale è a questo link www.rivoluzione.red/proteste-a-cuba-difendiamo-la-rivoluzione/

(6) L'articolo integraleè a questo link www.rivoluzione.red/proteste-a-cuba-difendiamo-la-rivoluzione/

(7) L'articolo integrale è a questo link www.rivoluzione.red/cuba-lottavo-congresso-del-pcc-e-le-sfide-di-fronte-alla-rivoluzione/

(8) Il regime di Chavez, di là dalla retorica «anti-imperialista», e delle periodiche frizioni con l'imperialismo che ha pure fatto tentativi golpisti (2002) per sostituire il regime con uno ancora più docile, ha continuato rigorosamente a pagare il debito estero, scaricandone il costo sulla popolazione ridotta alla fame. La stessa decantata «nazionalizzazione del petrolio» non ha mai comportato nessun esproprio delle multinazionali ma solo una contrattazione della cosiddetta «boli-borghesia» come socio minore di Exxon Mobil, Chevron, Repsol, ecc. Grazie a questo, Chavez, la sua famiglia e i suoi compagni di partito, hanno raccolto una immensa fortuna.

(9) Si veda la dichiarazione del 2013 della Imt: «Hugo Chavez è morto: la lotta per il socialismo è viva!», scritta in morte di Chavez, reperibile in traduzione italiana a questo link old.marxismo.net/venezuela/america-latina/venezuela/la-dichiarazione-della-tendenza-marxista-internazionale-sulla-morte-di-hugo-chavez

(10) L'articolo integrale è a questo link www.rivoluzione.red/fermare-le-minacce-del-presidente-maduro-contro-lapr-e-la-sinistra-rivoluzionaria/

(11) L'articolo integrale è a questo link www.rivoluzione.red/venezuela-maduro-vince-le-elezioni-presidenziali-nonostante-lingerenza-imperialista-cosa-succedera-ora/

(12) La rivendicazione di un governo Corbyn è contenuta in decine di articoli e testi, si veda ad esempio «What we are fighting for», disponibile al link www.socialist.net/socialist-appeal-stands-for.htm

(13) L'articolo è disponibile a questo link www.socialist.net/we-face-the-fight-of-our-lives-mobilise-for-a-corbyn-victory.htm

(14) Questa posizione di Scr si trova, tra l'altro, nell'articolo «La candidatura di De Magistris a Napoli: la nostra posizione» reperibile al link www.rivoluzione.red/la-candidatura-di-de-magistris-a-napoli-la-nostra-posizione/

(15) Nell'articolo «Le nostre differenze con Scr (e le differenze di Scr col marxismo)» abbiamo analizzato l'insieme delle posizioni della Imt e della sua sezione italiana, Scr. L'articolo si può leggere a questo link www.partitodialternativacomunista.org/politica/nazionale/viaggio-tra-i-partiti-comunisti-2-puntata-le-nostre-differenze-con-scr

(16) A puro titolo di esempio si può leggere questo articolo

www.marxismo.net/index.php/teoria-e-prassi/filosofia-e-scienza/535-marxismo-contro-postmodernismo in cui una giusta critica al postmodernismo si rovescia in una difesa di un marxismo in cui la dialettica è scomparsa. Lo stesso materialismo di stampo quasi naturalistico che emerge da alcune pagine della summa filosofica scritta da Alan Woods e Ted Grant (guide teorica della Imt): Reason in revolt: marxist philosophy and modern science, che ricorda in molte parti l'evoluzionismo di certi manuali del dia-mat dell'epoca staliniana, con un ritorno a quello che Marx definiva il «vecchio materialismo» da lui superato.

(17) Oscar Wilde, The Importance of Being Earnest. Il titolo di questa commedia in tre atti del 1895 si basa sull'intraducibile gioco di due parole, l'aggettivo «earnest» (onesto) e il nome proprio «Ernest» (Ernesto), che hanno in inglese la stessa pronuncia.

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