Partito di Alternativa Comunista

La leggenda del calamaro barbuto

Una parabola per chi si è infilato nell'Unione

di Alberto Airoldi

C'era una volta, sembra proprio tanto tanto tempo fa, un sindacalista buono, che aveva lottato contro una dittatura e contribuito a creare un partito dei lavoratori tanto democratico e tanto innovativo da piacere anche a inveterati antipartitisti. Questo partito governava in molte municipalità, dove aveva introdotto un sistema incredibilmente democratico e innovativo: il metodo partecipativo. Si batteva contro la corruzione e per la moralizzazione della vita politica. Purtroppo, però, alle elezioni nazionali non vinceva mai, a causa della vile congiura degli interessi di capitalisti, latifondisti, mass media.

 Ma poi il vento cambiò: il mondo fu contaminato dal portentoso vento del Movimento dei movimenti, il partito diede ospitalità nel suo municipio più rappresentativo all'assise mondiale del movimento, e, contemporaneamente, intrecciò sempre più stretti rapporti coi movimenti del proprio paese. Poi vinse le elezioni e cominciò a governare, tra mille difficoltà. Iniziò mantenendo i piedi per terra: obiettivi minimi come: "Fame zero" e risanamento dell'economia devastata dal suo predecessore, per poi pensare, dopo il risanamento, alla fase 2:

Questa la favoletta che tanti tanti militanti e dirigenti politici hanno entusiasticamente raccontato. E chi avanzava qualche critica era il solito noioso disfattista trotskysta, incapace di cogliere i tempi della politica, le opportunità, le novità, perché prigioniero di vecchi e polverosi schemi.

Ora il brusco risveglio: il calamaro barbuto (Lula in portoghese significa calamaro), alias Lula, rischia l'impeachment, altri leader del suo partito con cariche governative, si sono dovuti dimettere. Numerosi casi di corruzione, ben documentati, hanno distrutto la fiducia nel partito dei moralizzatori. In particolare il Pt è accusato di avere utilizzato fondi illeciti, creati anche tramite "imposte" su giochi illegali, in campagna elettorale e di avere sistematicamente comprato i voti dell'opposizione per far passare i propri disegni di legge. O meglio: i disegni di legge ispirati dal Fondo Monetario Internazionale e dalle banche creditrici. Il paradosso è che si corrompeva la destra per votare provvedimenti di destra, contrari agli interessi dei lavoratori e delle masse diseredate brasiliane.

Lo scomodo ritorno dal mondo delle favole

Non è che Lula abbia seguito prevalentemente una politica sdraiata sui diktat del grande capitale: Lula non ha fatto altro, neppure le cose più elementari. Sul Manifesto del 26/8/2005 Vittorio Agnoletto, uno dei tanti ex entusiasti, si lamentava del fatto che: "Anche su un argomento di vita o di morte come l'amianto ha preferito dare ascolto alle multinazionali. Davvero un grosso peccato." E la parola peccato per un cattolico come Agnoletto pesa parecchio. Il peccato è doppio, poi, perché la legge non sostenuta da Lula a livello governativo è in vigore in diversi stati del paese.

Gli altri compagni svegliatisi di soprassalto sono nella redazione di Carta, un periodico lulista della prima ora. Oggi sono fuori dalla grazia di dio e titolano, con piglio anarchico: "Il potere fa molto male" (Carta, 26/9/2005). Non è, ovviamente il Potere che fa male, ma il potere esercitato per conto del capitale. Non l'hanno capito nel 2002, non lo capiscono oggi. Se Lula avesse utilizzato il potere per nazionalizzare banche e imprese, cancellare il debito, dare la terra ai contadini, ecc. ecc. il potere avrebbe fatto molto male a qualcun altro, ma avrebbe fatto bene agli interessi che noi vogliamo difendere.

Siccome però il desiderio di credere alle favole è innato in certa gente, oggi si vorrebbe promuovere il vero bilancio partecipativo, quello di Fortaleza, contro le esperienze screditate di altri comuni, dove, come a Porto Alegre, ha vinto la destra.

Più denso di giustificazioni e più salomonico che critico è un altro lulista della prima ora: Ignacio Ramonet (Le monde diplomatique, 9-2005). L'argomento principale è quello usato in Italia da Craxi e soci: i soldi venivano versati al partito, noi non ci siamo arricchiti:

I moralizzatori nel fango

Guardiamo più nel dettaglio la valanga di scandali che sta travolgendo il Pt. Si tratta di una sorta di Tangentopoli brasiliana, dove la necessità di finanziare il Pt, di permettergli di governare pur in assenza di una sua maggioranza parlamentare, si mescolano alla corruzione comune, al peculato. E così abbiamo il presidente della Camera costretto a dimettersi per un episodio di corruzione legato all'appalto del ristorante interno e abbiamo il caso dell'omicidio dell'ex prefetto di Santo André, Celso Daniel, per il quale sono sospettati di essere i mandanti alcuni dirigenti del Pt. (si veda il sito dei nostri compagni del Pco: http://www.pco.org.br)). La vicenda rientra nello scandalo delle sale da bingo: Waldomiro Diniz, il braccio destro di Josè Dirceu, capo-Gabinetto dimissionario del presidente Lula, appare in un video dove lo si vede trattare con un boss delle scommesse clandestine dei finanziamenti per candidati del suo partito. Vi è poi lo scandalo del mensalão, una sorta di stipendio extra assicurato ad alcuni deputati dell'opposizione che si impegnavano a votare i provvedimenti governativi. La figura che faceva da fulcro per finanziamenti illeciti e movimenti di capitali era Marcos Valério Souzo, imprenditore, proprietario delle agenzie di pubblicità che avevano curato la campagna elettorale di Lula. Coinvolto in questi scandali è anche José Geno"no, allora presidente del Pt. Questo è il fango in cui si dibatte ora Lula, presidente alla completa mercè dei suoi avversari. Forse il suo viaggio in Italia, cancellato all'ultimo momento, sarebbe stato utile per imparare da ex democristiani ed ex socialisti, l'eccellenza mondiale nell'arte di sguazzare in acque limacciose. A chi fosse interessato ad approfondire l'argomento consiglio l'articolo pubblicato su: http://fr.wikipedia.org/wiki/Scandale_des_mensualités.

La corruzione e gli scandali non rappresentano la patologia, ma la fisiologia dell'economia brasiliana, come della gran parte delle economie dei paesi dominati (nei paesi dominanti lo stesso fenomeno si manifesta solitamente in forme differenti e più funzionali). Sradicare la corruzione vuol dire sradicare interessi ed equilibri fortissimi, cosa che può essere fatta da un governo rivoluzionario, e che non può essere neppure tentata da un debole governo di collaborazione di classe, dove la socialdemocrazia serve a contenere i movimenti di massa e ad attuare il programma dell'imperialismo.

Il segno di classe del governo Lula è inequivocabile. Anche gli entusiasti lulisti di Erre si vedono costretti a pubblicare un articolo dell'economista argentino C. Katz che dice: "Lula si è guadagnato gli elogi di Wall Street per avere conservato il modello neoliberista del predecessore Cardoso. Egli ricorre agli stessi argomenti di quest'ultimo (èconquistare la fiducia dei mercati per attirare gli investimenti'):Il presidente brasiliano ha già imposto una pesante riforma delle pensioni, mantiene in stato di paralisi la riforma agraria e accentua il deterioramento del salario reale. Il suo partito frena la lotta dei sindacati ed è riuscito a ridimensionare il livello della mobilitazione popolare" (Erre, 6-7/2005).

Perfetto. Esattamente quello che noi sosteniamo da prima dell'elezione di Lula nel 2002. Peccato che il testo sia pubblicato, senza alcun commento, da una rivista che fa riferimento a una corrente internazionale che non solo è all'interno del Pt, ma che esprime pure un ministro in quel governo, Rossetto, peraltro facendo finta di nulla.

Comprendere le parabole

Il Pt sta uscendo a pezzi dalla sua prima esperienza governativa. Ha subito una scissione di sinistra, ha pesantemente incrinato i suoi rapporti coi movimenti e con gli intellettuali che lo sostenevano, ha gettato nello sconforto e nella passivizzazione migliaia di militanti. Ha, infine, rafforzato il potere della sua ingorda burocrazia, pronta a occupare poltrone di ogni tipo e misura, che rappresenta oggi il punto di forza del partito.

Tutto questo non insegna nulla? Pare lampante il fatto che ci troviamo davanti agli occhi l'ennesima parabola della socialdemocrazia. Gli argomenti usati per sostenere la scelta del Pt di allearsi con alcuni settori della borghesia è stata giustificata con argomenti che ben conosciamo: una sorta di patto coi produttori al fine di rilanciare un'economia a pezzi (che nella realtà si è trasformata in un'alleanza coi settori più forti, a prescindere), la possibilità di portare avanti delle grandi riforme facendo un gioco di sponda coi movimenti, la necessità di dare un segnale di discontinuità rispetto al neoliberismo inaugurando un'altra politica economica e sociale. Tutte queste illusioni escono a frantumi dalla prova dei fatti e, pertanto, viene spontaneo chiedere a chi pensa che sia importante e indispensabile andare a governare col centro sinistra: "Ma è proprio necessario ripercorrere sempre gli stessi errori?". Non basterebbe rileggere le apologie di Lula scritte 3 o 4 anni fa per rendersi conto di quale follia sarebbe volerne seguire i passi? Domande retoriche, ovviamente: qui non stiamo parlando di un dibattito tra liberi pensatori, ma dalla pressione di giganteschi interessi materiali: gli interessi di apparati politici e sindacali pronti a sedere al tavolo dei grandi capitalisti e banchieri per garantirsi sedie e poltrone di extra lusso.

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