Il nuovo familismo di Prodi e di Bindi
Pia Gigli
Il disegno di legge sui diritti di convivenza (Dico), approvato in consiglio dei ministri e ora in discussione in parlamento, sta producendo un notevole attivismo tra i partiti del centrodestra e del centrosinistra impegnati, in concorrenza tra di loro, a garantirsi le migliori "credenziali" presso le gerarchie vaticane, al fine di conquistare il cosiddetto "elettorato cattolico". A maggio si terranno le elezioni amministrative ed è in pieno svolgimento il processo di scomposizione dei due poli borghesi i cui esiti sembrano essere la costruzione del Partito Democratico e la ricomposizione di un "centro" su impulso di Casini e dell'Udc.
Tutti "hanno a cuore" la famiglia
La legge sui Dico ha fatto insorgere le gerarchie cattoliche e i settori politici cattolici più reazionari. Tutti si sono schierati a difesa della famiglia. La famiglia che loro chiamano "naturale", certo moderna, ma pur sempre "consacrata" e composta da un uomo, una donna e "naturalmente"da figli. Di fronte a questo cliché inamovibile è inconcepibile qualsiasi tipo di legame che se ne discosti, a partire dalle unioni tra gay e lesbiche ("unioni sterili"). La ministra Bindi si è affrettata a spiegare che i Dico non hanno nulla a che fare con il matrimonio in quanto non riconoscono l'unione di coppia, ma semplicemente diritti individuali delle persone. Ha cercato così di valorizzare il compromesso raggiunto nel governo e di tranquillizzare, contemporaneamente, le gerarchie vaticane che comunque non le hanno creduto. La prolusione del Presidente del Consiglio Permanente della Cei del 26 - 29 marzo è chiara: "Sappiamo tuttavia che il matrimonio sacramentale si iscrive nel disegno primigenio del Creatore: ‘maschio e femmina li creò' (Gn. 1,27)", e ancora, citando il Papa: "nessuna legge fatta dagli uomini può sovvertire la norma scritta dal Creatore senza che la società venga drammaticamente ferita in ciò che costituisce il suo stesso fondamento basilare". E infine sui Dico: "riteniamo la legalizzazione delle unioni di fatto inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo".
A questo punto entrano in scena le associazioni e i movimenti del laicato cattolico che per il 12 maggio stanno organizzando il Family Day. Si tratta di Comunione e Liberazione, i Focolarini, le Acli, il Movimento per la vita, l'Agesci che scenderanno in piazza contro i Dico per porre un argine alla dissoluzione della famiglia. In piazza saranno con loro anche Mastella e Fioroni. Bindi, da parte sua, riconosce che "le istanze portate avanti con il Family Day meritano "attenzione ed ascolto" da parte del Governo in quanto si tratterà di "una manifestazione di una componente rilevante della vita del nostro paese che si riconosce nell'associazionismo cattolico e in una serie di valori riconducibili all'aspirazione cristiana, in nome dei diritti della famiglia". Di fronte a tali esternazioni reazionarie, flebili e rassegnate si alzano le voci della sinistra, anche quella "radicale". Grillini: "andrà in scena quel "familismo amorale" che da sempre rappresenta la palla al piede per quei processi di modernizzazione e sviluppo del sistema Italia"; Giordano: "crociata preoccupante".
L'ipocrisia delle politiche familiste del governo.
Ma dietro questa imposizione - che sembrerebbe solo "ideologica" e "dottrinaria"- dell'idea di famiglia, c'è la realtà vera degli interessi materiali in gioco. Il governo Prodi ha messo la famiglia al centro del suo programma tanto da dedicarle un apposito ministero. E la ministra Bindi ha rivendicato le misure della finanziaria a favore della famiglia, come gli assegni familiari (vantaggi peraltro riassorbiti dai vari aumenti di imposte e tasse) e gli asili nido. Non solo, sta preparando una Conferenza nazionale sulla famiglia a maggio con "un ampio coinvolgimento delle diverse realtà istituzionali, sociali e del volontariato".
Gli elementi qualificanti dell'impegno del suo ministero a favore della famiglia che saranno discussi in quella sede, saranno: facilitazioni per gli affitti alle coppie giovani, riduzione dell'Ici, aumento degli assegni familiari e detrazioni fiscali, aumento sensibile degli asili nido, fondo per la non autosufficienza, potenziamento dei consultori.
Questa impostazione prevede il decisivo coinvolgimento di quel "Terzo Settore" rappresentato, anche e soprattutto, dall' associazionismo cattolico (ma anche laico) che si sta preparando a "difendere la famiglia" in piazza, che già gestisce parte del welfare, che abbiamo visto in azione nel boicottaggio del referendum sulla legge 40 e che è pronto ad un potente attacco ideologico a conquiste come il divorzio e l'aborto.
Una riforma del welfare, quella del governo, che dietro il paravento della solidarietà, del "dialogo" e dell'"ascolto", vuole rafforzare l'istituzione della famiglia nucleare, tipica della nostra società capitalistica, profondamente in crisi: bassa natalità, aumento di divorzi, isolamento, diminuzione di matrimoni, aumento di convivenze ecc. Nonostante si tenti di negarlo, questa riforma è centrata sull'assistenza, mantiene la donna in ambito familiare in un ruolo subordinato, ristabilisce i "giusti" ruoli sessuali e riassegna alla donna, anche se "aiutata", il tradizionale lavoro di cura.
Ma di quale famiglia si parla?
Il soggetto "famiglia", investito di un'aura sacrale, messo al centro delle politiche sociali, è il tentativo di ammortizzare le vulnerabilità sociali prodotte dal sistema, ma è un pannicello caldo di fronte agli attacchi che il capitalismo infligge alla classe lavoratrice e alle masse popolari. La famiglia deve rimanere del tutto funzionale al sistema capitalistico, dal punto di vista della trasmissione della proprietà, dal punto di vista della riproduzione e come cellula di consumo, fondamentale per il mercato. Deve rimanere il luogo della divisione sessuale del lavoro e della riproduzione di ruoli sociali e sessuali conformi alle regole imposte dalla società. È sempre più necessario agire per la distruzione di questo modello di relazioni tra le persone, a cominciare da una battaglia, nell'immediato, contro ogni tentativo reazionario di imposizione di modelli precostituiti, magari con la benedizione di vescovi e Papi. Impostando anche una battaglia - dal versante di classe contro ogni risorgente "familismo"- per il diritto al lavoro, al salario, contro la precarietà, per servizi controllati e gestiti dai lavoratori e dalle lavoratrici.